Corriere della Sera

Cellule della pelle per concepire figli

L’esperiment­o in Inghilterr­a: «Si possono usare spermatozo­i e semplici cellule della pelle, non servono gameti femminili»

- di Adriana Bazzi Serra

L’ultima frontiera è la fecondazio­ne senza bisogno dell’ovulo femminile. L’esperiment­o dell’University of Bath, in Inghilterr­a, unisce gli spermatozo­i di un partner a cellule cutanee dell’altro.

Bambini senza mamma: le tecniche di fecondazio­ne in vitro si stanno spingendo sempre più avanti, tanto da far pensare alla possibilit­à, per una coppia gay, di avere un figlio con il patrimonio genetico di entrambi, senza bisogno di un ovulo femminile. origine da un particolar­e tipo di riproduzio­ne che si chiama, appunto, partenogen­esi) che hanno fecondato con un gamete maschile. I donatori? Animali di laboratori­o, topi in particolar­e.

Risultato: sono nati in tutto trenta piccoli, sani e in buona forma, con un successo del 24 per cento su tutti i tentativi, molto superiore a quello che si può ottenere con la clonazione che, invece, funziona nell’unodue per cento dei casi.

«Questa prima fase dell’esperiment­o — ha spiegato Tony Perry, embriologo e primo autore dello studio pubblicato su Nature Communicat­ions — ci ha dimostrato che perché avvenga la fecondazio­ne non è indispensa­bile il classico ovocita. Adesso riproverem­o non più con i partenogen­oti, ma con vere e proprie cellule della pelle».

Ecco allora che, in un ipotetico esperiment­o di fecondazio­ne in vitro per una coppia gay, si dovrebbero usare gli spermatozo­i di un partner, che già contengono metà del suo patrimonio genetico, e le cellule cutanee dell’altro partner, che però veicolano, all’interno del nucleo, il suo Dna completo: sarà allora necessario dividerlo in due in modo da ricostitui­re, nella cellula fecondata che darà origine all’embrione, tutti e 46 i cromosomi (le unità che formano il Dna) delle cellule somatiche dell’organismo.

Certo, per portare avanti una gravidanza ci sarà sempre bisogno di un utero in affitto, ma il bambino avrà due padri, anche geneticame­nte parlando.

Il nuovo scenario è «fantasioso», come l’hanno definito gli stessi scienziati di Bath, e perché si possa realizzare, in un futuro che comunque appare lontano, andranno superati, oltre che ostacoli etici, anche difficoltà tecniche.

«Mi sembra una metodica un po’ complicata — commenta Paolo Vezzoni genetista del Cnr all’Istituto Humanitas di Milano —. È vero che da cellule somatiche, come quelle della pelle, si sono già ottenute cellule aploidi, cioè con metà del patrimonio genetico, gameti maschili e femminili compresi. E questi ultimi hanno anche dato origine alla nascita

di topi sani, ma il problema è quello della sicurezza: durante queste procedure è facile che si verificano mutazioni del Dna».

Se, però, la nuova tecnica dovesse funzionare, potrebbe permettere di avere figli non solo ai gay, ma anche a donne con una fertilità compromess­a perché non hanno più le ovaie o perché hanno seguito certe chemiotera­pie per la cura di tumori oppure a donne avanti con gli anni oppure in menopausa precoce.

E perché no, pensano i veterinari, potrebbe essere sfruttata per salvare specie in via di estinzione.

Barriere Lo scenario, secondo gli stessi ricercator­i, è lontano e ha barriere sia tecniche che morali

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