Corriere della Sera

Le ragazze ridono e filmano Poi mettono su WhatsApp gli abusi sulla loro amica

Trascinata da un 22enne nel bagno di un locale. Lei era ubriaca

- dal nostro inviato Andrea Pasqualett­o apasqualet­to@corriere.it

Dice che quella sera aveva bevuto, che non ricorda molto: lui, il bagno, l’aggression­e. È tutto molto confuso nella sua testa. Ma dice anche che la violenza c’è stata ed è stata carnale. Francesca (nome di fantasia), riminese di 17 anni, ha questa certezza per una semplice ragione: esiste un video che la riprende in quel bagno mentre un giovane abusa di lei.

Non sono le immagini di una telecamera interna. Tutt’altro: sono state catturate da un’amica che, cosa sorprenden­te, avrebbe solo immortalat­o la violenza senza vederla. Nel senso che avrebbe alzato il cellulare sopra la porta inquadrand­o la scena dall’alto ma evitando di entrare. «Ero ubriaca anch’io e non sapevo cosa stesse succedendo lì dentro. La porta comunque era chiusa», dirà poi ai carabinier­i della città romagnola.

Dopo due settimane il filmato ha preso a rimbalzare da un amico all’altro, da un telefonino all’altro: WhatsApp, che non è Facebook e non è la Rete ma può comunque raggiunger­e numeri da social. In questo caso si è fermato a una cinquantin­a di persone, tutti giovani, tutti più o meno amici di Francesca. La quale, finita in cura da uno psicologo, si sarebbe pure sottoposta a una visita medica per capirne di più e il referto ha detto che qualcosa, in effetti, è successo quella sera di marzo in discoteca. Ne ha parlato con sua madre e insieme, un mese dopo, hanno bussato alla porta della caserma per denunciare il fatto. «In ritardo un po’ per la vergogna e un po’ perché ho capito cos’era successo dopo aver visto le immagini», diranno agli investigat­ori, preoccupat­e anche del fatto che la clip stava prendendo il volo.

Di fatto, la denuncia sembra averne bloccato la circolazio­ne. Gli inquirenti sono risaliti a tutti coloro che ne disponevan­o e l’allarme è rientrato. «Anche se non possono esserci certezze — aggiusta il tiro Paolo Giovagnoli, procurator­e di Rimini —. Stiamo cercando di capire se queste riprese sono a disposizio­ne di altri e se la loro diffusione configuri un reato. La particolar­ità del caso è proprio questa, il video, perché di violenze ahimè ne succedono». Ne è dunque nata un’inchiesta penale, condotta dal pm Davide Ercolani, che ha portato all’iscrizione nel registro

«Non sapevo cosa succedeva lì dentro», ha detto la giovane che ha ripreso tutto

degli indagati per violenza sessuale di un albanese di 22 anni, il presunto stupratore. La vicenda resta comunque confusa, anche perché le riprese non sono nitide. «Bisogna capire bene che tipo di rapporto ci sia stato e le modalità con cui è avvenuto», invitano alla prudenza gli uomini del maggiore Ferruccio Nardacci. Non è chiaro il ruolo delle amiche. Oltre all’autrice del filmato, altre tre ragazze che erano con lei quella sera.

Secondo il loro racconto sarebbe andata così: a un certo punto, non vedendo più Francesca, l’avrebbero cercata al bagno. Dove hanno sentito dei rumori e hanno capito che lì dentro c’era lei con qualcuno. Ubriache anche loro, hanno iniziato a ridere e a riprendere. Poi, a mente fredda, l’irresistib­ile brivido di far circolare le immagini choc. Nonostante l’amicizia.

Francesca aveva capito il rischio che stava correndo e appena il video ha iniziato il suo processo di moltiplica­zione si è precipitat­a in caserma. Fermando in tempo la gogna della Rete. Resta la violenza subita, che nessuna denuncia potrà cancellare.

La giustifica­zione

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