L’agente: «I genitori guardino nei cellulari dei ragazzi»
Lisa Di Berardino è una poliziotta, vicequestore aggiunto della Polizia postale di Milano. Nelle sue giornate di lavoro ci sono storie di pedofilia, di cyberbullismo sessuale, sexting. Spesso sono storie di minori.
«È così. È chiaro che davanti ai rischi di Internet i minori sono i più vulnerabili».
Cosa possono fare i genitori per scongiurare quei rischi?
«Costruire un legame di fiducia e rispetto con i figli, tanto per cominciare. Però ci sono anche dei ruoli e fra i ruoli di un genitore c’è quello di tutelare i figli, anche da fatti penalmente rilevanti. Questo può voler
dire entrare nella sua sfera privata». Cioè controllarla? «Sì, ma non diamo a questo controllo accezione negativa. Parliamo di tutela e prevenzione, invece. Io voglio sapere se mio figlio scambia materiale che non dovrebbe attraverso il suo cellulare, voglio vedere i contatti della sua rubrica...» E la privacy? «Anche mio figlio, che è un adolescente, mi ha detto: mamma tu non rispetti la mia privacy. Gli ho risposto che non siamo alla pari e che io ho il dovere di controllare quello che lui fa. Chiedete a un genitore dov’è il telefonino del figlio quando va a dormire. Nessuno si preoccupa di prenderlo, lo credono al sicuro nella sua cameretta e magari lui sta mandando messaggi, foto, sta parlando con il mondo o sta vivendo un pericolo».
Perché i ragazzini si scambiano video dai contenuti sessuali?
«Perché non c’è più il senso del pudore, anzi spesso c’è una gara a mostrarsi ma il fatto è che non si torna indietro. La nostra sfida come Polizia postale è riuscire a entrare nelle teste di questi ragazzi prima che facciano clic, dare loro strumenti per fargli dire: mi devo fermare, questo non si cancella più dalla Rete. Quando la prudenza diventerà un automatismo culturale il gioco sarà fatto. Ci vorrà tempo ma ci arriveremo».