«Ci occuperemo noi di rilanciare Forza Italia che a Parisi peraltro fa un po’ schifo»
il programma di governo». Incontra Romani e Brunetta e promette il rilancio di Forza Italia, lamentandosi del fatto che «Parisi non sa tenere tutti uniti», che non è riuscito finora a strappare a Renzi pezzi di establishment «come invece aveva promesso», e che la sua due diligence sul partito non l’ha soddisfatto, assolvendo di fatto la vecchia dirigenza.
Al termine di questo valzer di confessioni e stati d’animo — come se il tempo si fosse fermato — Berlusconi si ritrova sempre al centro della scena, coltivando la speranza che la Corte di Strasburgo lo riconsegni all’antico ruolo. In cuor suo, infatti, non ha smesso di pensare a ciò che era e che «con frode» non è più. Perciò si dispone interessato ai ragionamenti di Parisi, che gli pare in realtà troppo assertivo nel presentare le sue tesi e poco incisivo nel cambiare la curva dei sondaggi. Perciò chiama Toti, con cui c’è stata ruggine, per avvisarlo che «sono nella tua Liguria e sarei contento se venissi a trovarmi». Perciò si unisce al moto d’indignazione di Romani e Brunetta, che gli rammentano come Parisi non
Forza Italia, che a Parisi peraltro fa un po’ schifo». Nemici per la pelle, in comune hanno solo Berlusconi. L’unico che al momento porti in dote i voti.
Ecco il motivo per cui, in fondo, tutti accettano di recitare il suo canovaccio, sebbene sottovoce tutti dicano che anche per l’ex premier il tempo passa: perciò porteranno «comunque» avanti i loro contrapposti disegni, contando su un’eredità che però oggi non è disponibile. Non è che questo Berlusconi non lo sappia, nel gioco delle parti è logico usare ed essere usati. Ma finché avrà lui la chiave di ciò che resta della cassaforte elettorale, si terrà il ruolo del protagonista e del regista. E nel copione è prevista la scena dello specchio, dove continuare a dire che «non ce ne sono di Berlusconi in giro», che anche le novità hanno «problemi di carisma»: «Ma aspettiamo di vedere cosa farà Parisi. Se riuscirà bene, avremo creato un personaggio. Altrimenti ne cercheremo un altro». «È un classico», sorrideva l’altro giorno un amico che conosce Berlusconi da una vita.