«Perché Mattia non ha fatto i compiti» La lettera del padre ai prof è un caso
Il ragazzo va alle medie a Varese: d’estate gite in bici e camping, gli ho insegnato a vivere
Mattia non ha fatto i compiti per le vacanze.
Il primo giorno di scuola (terza media alla Vidoletti di Varese) si è presentato con una giustificazione «esemplare», scritta dal papà. «Vorrei informarvi che come ogni anno mio figlio non ha svolto i compiti estivi». Incomincia così la lettera indirizzata agli insegnanti. «Per scelta non li ha fatti, non per cattiva volontà o per dimenticanza», spiega al telefono Marino Peiretti, 55 anni, operaio in cassa integrazione e musicista. Una scelta che lui, insieme alla mamma Ilaria, difende da anni con assoluta convinzione. «I compiti estivi sono deleteri» afferma, citando pedagogisti e psicologi e sistemi scolastici di Paesi dove si punta tutto sul lavoro in classe «senza che poi ci sia bisogno di esercitarsi anche a casa».
Sul web
Il pedagogista: con la scelta di pubblicarla online manda al figlio messaggi sbagliati Il testo La lettera recapitata ai professori e pubblicata anche su Facebook da Marino Peiretti
missiva. Poi, però, Marino Peiretti ha pubblicato la lettera sul suo profilo Facebook, insieme alle foto dei concerti e dell’amata chitarra; a paesaggi marini e buffi autoritratti. E lì il dibattito si è acceso, tra critici e sostenitori.
Una discussione nel merito non nuova: la diatriba «compiti sì-compiti no» di solito entra nel vivo gli ultimi giorni di scuola, con proposte anche immaginifiche di maestri dalle larghe vedute («Ballate, guardate l’alba e sognate la vostra vita», esortava un paio d’anni fa, in un elenco di sapore new age, un giovane professore marchigiano, Cesare Catà); o di genitori ribelli, che di vedere i propri pargoli inchiodati alla sedia anche d’estate, non ne vogliono sapere
E da qualche tempo una campagna suggestiva («Basta Compiti») raccoglie adesioni, a migliaia, su Change.org. Citando la Costituzione, spiega che sono inutili, dannosi, discriminanti e prevaricanti. Recentemente l’Ocse ci ha ricordato che i nostri studenti fanno più compiti di molti coetanei: otto ore in media alla settimana. Il triplo dei coreani. Almeno tre ore più della media nei Paesi dell’Unione europea.
«Una quantità di lavoro spesso eccessiva», ammette Raffaele Mantegazza, pedagogista della Bicocca di Milano. Che si dice però «sconcertato» per l’atteggiamento di alleanza con il figlio e di disprezzo per l’istituzione scolastica che la lettera, esibita sui social, suggerisce. «Mi preoccupa il ragazzino, con un padre incapace di gestire i conflitti. I figli «Non vado contro le istituzioni, sono per ampliare le possibilità offerte agli alunni»
La motivazione
devono vedere che i genitori, davanti a un problema, lo risolvono confrontandosi con gli altri adulti di riferimento, facendo valere le proprie ragioni». Quanto alla diffusione della lettera in rete, Mantegazza la ritiene una modalità «folle, tipica della nostra epoca»: «Su Facebook mi posso beare di aver vinto il torneo di bocce, non di aver sparato al cuore della scuola», sostiene.
Peiretti non si lascia turbare: «Pensieri legittimi, ma opinabili», replica. «I compiti estivi non sono obbligatori. E la mia non è una posizione contro le istituzioni: sono per ampliare la rosa delle possibilità che vengono offerte ai ragazzi».
Il prossimo anno, alle superiori, Mattia studierà elettronica («a Varese abbiamo una delle scuole migliori d’Italia», dice il papà). E lì non ci saranno problemi: «I compiti li farà: quella è la sua materia preferita».