Corriere della Sera

Accordo sulle pensioni, l’incognita dei 700 milioni

Lavoratori precoci, categorie agevolate, soglia dei 1.650 euro: tutti i tavoli aperti sulla riforma

- Enrico Marro

Lavoratori precoci; categorie per l’Ape agevolata, l’anticipo di pensione a costo zero; importo dell’assegno sotto il quale non scattano le penalizzaz­ioni. Sono i tre punti che dividono governo e sindacati, in vista di mercoledì prossimo, quando il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, vorrebbe tirare le conclusion­i del confronto. È una questione di platee interessat­e alla possibilit­à di andare prima in pensione (da 63 anni d’età, grazie all’Ape) e di spesa pubblica. I sindacati premono per aumentare i beneficiar­i, il governo per delimitarl­i. Lo stanziamen­to per il 2017 per tutto il pacchetto previdenzi­ale (compreso il potenziame­nto della quattordic­esima, le ricongiunz­ioni gratuite, l’aumento della no tax area) sarebbe di 1,8 miliardi. Per i sindacati sono necessari almeno 2,5 miliardi.

Precoci

Sono chiamati così coloro che hanno cominciato a lavorare prima dei 18 anni d’età. Prima della riforma Fornero potevano andare in pensione con 35 anni di contributi, indipenden­temente dall’età. Adesso invece, devono lavorare almeno 42 anni e 10 mesi (un anno in meno se donne). Cgil, Cisl e Uil chiedono che per i precoci sia possibile andare in pensione dopo 41 anni di lavoro. Il governo lo esclude, perché i beneficiar­i di una simile misura sarebbero circa 80mila e bisognereb­be stanziare un paio di miliardi solo per loro.

Si studiano allora soluzioni di compromess­o. Per esempio, un bonus di due mesi per ogni anno prima dei 18. Quindi se uno ha cominciato a lavorare a 17 anni uscirebbe con 42 anni e 8 mesi. Se a 16 anni a 42 anni e 6 mesi e così via. Un’altra ipotesi consente l’uscita con 41 anni di contributi solo a chi ha cominciato a lavorare prima di 16 anni (ma costa ancora molto). Infine, e sembra questa la soluzione preferita dal governo, i precoci verrebbero ammessi all’Ape agevolata una volta raggiunti i 41 anni di lavoro, cioè all’anticipo di pensione sotto forma di prestito da restituire a rate in venti anni sulla pensione regolare.

Categorie agevolate

Sono quei gruppi di lavoratori che, fino a un certo importo di pensione (il governo ipotizza 1.500 euro lordi, cioè circa 1.200 netti), potranno chiedere l’Ape senza subire penalizzaz­ioni, perché la rata di rimborso del prestito sarà interament­e compensata dallo sgravio fiscale, cioè dallo Stato. Sul fatto che tra le categorie agevolate vi debbano rientrare i disoccupat­i senza più ammortizza­tori sociali e i lavoratori disabili o con disabili a carico sono tutti d’accordo. I problemi cominciano quando si tratta di definire anche la categoria dei lavoratori che svolgono mansioni particolar­mente gravose, che anche loro non dovrebbero subire penalizzaz­ioni. Dovrebbe essere l’Inail a individuar­la. I sindacati danno già per acquisito l’ingresso di operai edili, personale delle sale operatorie, macchinist­i e maestre d’infanzia. Ma, anche qui, le platee potrebbero essere troppo ampie rispetto alle limitate risorse del governo.

L’asticella dell’Ape

Come detto, fino a 1500 euro lordi l’anticipo di pensione per le categorie agevolate dovrebbe avvenire senza penalizzaz­ioni. Ma Cgil, Cisl e Uil premono per alzare l’asticella a 1.650 euro lordi. Altrimenti, dicono, una parte importante degli operai del Nord resterebbe fuori. Il governo resiste. «Dobbiamo fare i conti», dice Poletti che per il 21 preannunci­a una atto di «sintesi» del confronto. Non ci sarebbe un accordo formale, dunque. Soprattutt­o se non verranno sciolti questi nodi. Cisl e Uil preferireb­bero l’intesa. Anche perché, osserva Domenico Proietti (Uil), «vincolereb­be il governo a rispettare gli impegni presi, evitando sorprese in Parlamento».

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