Corriere della Sera

Due donne alla finestra in cerca dell’uomo perduto

- di Franco Cordelli

In scena da ieri al Grassi di Milano, Det er Ales (Lei è Ales) di Jon Fosse è una produzione dei Quartieri dell’arte di Viterbo e del Norske Teatret di Oslo. A portare in Italia il drammaturg­o norvegese furono i Quartieri dell’arte nel 2001 e noi proprio a Viterbo abbiamo visto la prima mondiale dello spettacolo, il cui testo è stato messo in scena in duplice versione, italiana e norvegese, a sere alternate.

Ho detto Viterbo. È giusto sottolinea­re dove, ossia in un luogo speciale, i sotterrane­i del Palazzo dei Papi. Forse sotterrane­i è un termine inappropri­ato, ma il luogo era altamente suggestivo e rispetto alla commedia di Jon Fosse aveva la sua ragion d’essere. Il testo nasce nel 2004, era in forma di racconto. L’adattament­o teatrale è di Maria Sand e la traduzione è di Kristian Bjornsen, di Giulia Brunello e di Gianluca Iumiento, interprete e regista. Maria Sand, nelle due versioni, e Daniela Giordano, in quella italiana, ne sono le interpreti femminili. Sono la stessa persona, Signe. Signe da giovane e Signe da vecchia. Tra l’una e l’altra corrono ventitrè anni, la vecchia (ci) parla nel 2002 e la giovane nel 1979. La vecchia guarda la giovane che guarda dalla finestra. Questo duplice sguardo, che dura da tanto tempo, è rivolto al fiordo, uno spazio così vasto che non se ne vedono i confini. In esso non si riesce più a vedere Asle, sparito per sempre. I due, marito e moglie, avevano fatto questa scelta, di solitudine, o di assoluto.

Ma Asle aveva un pensiero. Pensava sempre a quella barca, voleva scendere giù, salire nella barca e remare nello spazio del fiordo. In un primo tempo, dal mare egli guardava la moglie affacciata alla finestra, poi né più Asle vide Signe, né Signe più vide Asle. Egli scomparve, sicurament­e giù, nel fondo del mare.

La commedia di Fosse non è che questo: la giovane e la vecchia che dialogano tra loro, che ricordano, o rievocano. O che parlano, ancora e sempre, con Asle. Ma il sempre è un sempre fortissimo: non era successa la stessa cosa nel novembre del 1879, quando a un’ava di Asle, che si chiamava Ales accadde ciò che è accaduto a Signe?

Ella perse nel fiordo il figlio di sette anni. Cruciale, nella commedia, è la musica del ricordo per così dire contempora­neo, ma anche quella del ricordo remoto. Sempre accade ciò che è già accaduto. I nomi delle persone sono gli stessi, o quasi gli stessi. La casa che li ospita, solo la casa, è immutabile, resiste al tempo. Il tempo è eterno.

In modo sorprenden­te la regia di Gianluca Iumiento movimenta la musica, quasi sillabata e quindi elegiaca, del testo. I personaggi a volte parlano di sé come fossero fuori di sé, in terza persona. Parlano in modo perfino sorridente, o scherzoso. Ma la distanza non è una distanza critica: è il momentaneo allentarsi di una tensione, mistica, che di continuo, per così tanti anni non si potrebbe sopportare.

A leggere la commedia questa possibilit­à non si coglie. Merito della regia e della sottile interpreta­zione dei tre attori averla offerta al testo e agli spettatori.

Det er Ales (Lei è Ales) Regia di Gianluca Iumiento 7 

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In attesa Maria Sand in una scena di «Det er Ales» (Lei è Ales) dall’omonimo romanzo di Jon Fosse

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