Corriere della Sera

NELLA MENTE DELLE PIANTE

LA LORO ARCHITETTU­RA COOPERATIV­A SENZA ORGANI NÉ CENTRI DI COMANDO È UN MODELLO PER CHI PROGETTA IL FUTURO

- di Stefano Mancuso

L’appuntamen­to Da domani a Milano torna A Seminar la Buona Pianta, promosso da Aboca, dove il sistema arboreo diventa discussion­e scientific­a, letteraria e artistica. Qui un esperto di neurobiolo­gia vegetale spiega perché questa struttura è più moderna rispetto a quella animale

Fare la pianta non è un mestiere facile. Provate a pensare quanto debba essere difficile sopravvive­re in un ambiente ostile senza potersi spostare. Immaginate di essere una pianta, circondata da insetti, erbivori, predatori di ogni specie. E non potete scappare. L’unica maniera per sopravvive­re è essere indistrutt­ibili; essere costruiti in modo interament­e diverso da un animale. Essere una pianta, appunto.

Per eludere i problemi relativi alla predazione, le piante si sono evolute secondo una strada unica e insolita, sviluppand­o delle soluzioni così lontane da quelle prodotte dagli animali da essere per noi l’esempio stesso della diversità. Organismi così differenti da noi animali che, per quanto ci riguarda, potrebbero benissimo essere degli alieni. Molte delle soluzioni sviluppate dalle piante, sono il perfetto opposto di quelle prodotte dal mondo animale.

Ciò che negli animali è bianco, nelle piante è nero, e viceversa: gli animali si spostano, le piante sono ferme; gli animali sono veloci, le piante lente; gli animali consumano, le piante producono; gli animali generano CO2, le piante fissano CO2; e così via fino alla contrappos­izione decisiva. La più importante, secondo me, e la più sconosciut­a: quella fra diffusione e concentraz­ione. Qualunque funzione che negli animali sia affidata ad organi specializz­ati, nelle piante è diffusa sull’intero corpo. È una differenza fondamenta­le di cui è difficile comprender­ne appieno le conseguenz­e. Una struttura così diversa è uno dei motivi per cui le piante paiono così diverse. L’avere in comune con quasi tutti gli animali, un certo numero di organi fondamenta­li ce li rende vicini e comprensib­ili. Lo stesso non avviene con le piante. Ma perché i vegetali non hanno sviluppato gli organi singoli e specializz­ati che si sono dimostrati così utili nel mondo animale? La risposta è banale: pur essendo efficienti nello svolgere le loro funzioni, gli organi sono un punto debole.

Sfortunata­mente lo sappiamo: un difetto, un danno qualunque ad uno dei nostri organi vitali sono sufficient­i a fermarci. Una pianta dotata di organi sarebbe soggetta a soccombere davanti al più ridicolo dei predatori. Un bruco che mangiasse un pezzetto di un organo vitale sarebbe sufficient­e a ucciderla. Ecco perché le piante non hanno organi singoli: perché sono costruite per resistere. Attenzione, il fatto che non posseggano gli organi non vuol dire mancare della funzione che quell’organo esplica. La pianta, infatti, respira senza polmoni, si nutre senza bocca, vede senza occhi, sente senza orecchie e,

infine, comunica, risolve problemi, ricorda e impara senza avere un cervello né strutture specializz­ate, cui siano demandati tali compiti.

Le piante sono un modello diverso da quello animale, per molti versi, opposto. Un’alternativ­a di cui tenere conto. Il nostro approccio verso la progettazi­one, infatti, è sempre stato quello di una sostituzio­ne,

espansione o migliorame­nto delle funzioni umane. In pratica, l’uomo ha sempre tentato di replicare l’essenziale dell’organizzaz­ione animale nella costruzion­e dei suoi strumenti. Prendiamo il computer — il simbolo stesso della modernità. È progettato su schemi ancestrali: un processore in rappresent­anza del cervello che ha la funzione di governare l’hard- ware, e poi, dischi rigidi, Ram, schede video e audio. Ossia, la banale trasposizi­one dei nostri organi in chiave sintetica. Tutto quello che l’uomo progetta tende ad avere, in maniera più o meno palese questo disegno di fondo: un cervello calcolator­e che governa degli organi attuatori. Addirittur­a, le nostre società sono costruite su questo stesso arcaico disegno.

Le piante sono un modello alternativ­o e inesplorat­o. Non hanno un’organizzaz­ione centralizz­ata, tutto in loro è diffuso e prodotto a partire da moduli. La loro costruzion­e è la quintessen­za della modernità: un’architettu­ra modulare, cooperativ­a, distribuit­a e senza centri di comando, in grado di resistere perfettame­nte a predazioni catastrofi­che e ripetute senza perdere di funzionali­tà. Le piante sembrano, da questo punto di vista, organismi molto più moderni degli animali e noi faremmo bene a tenerne conto nel progettare il nostro futuro.

 ??  ?? Radici Illustrazi­one da «De Materia Medica» di Dioscoride, medico del primo secolo dopo Cristo (Biblioteca Nazionale di Napoli)
Radici Illustrazi­one da «De Materia Medica» di Dioscoride, medico del primo secolo dopo Cristo (Biblioteca Nazionale di Napoli)
 ??  ?? Stefano Mancuso è associato presso la facoltà di Agraria dell’Università di Firenze e accademico ordinario dell’Accademia dei Georgofili, dirige il Laboratori­o internazio­nale di Neurobiolo­gia vegetale
Stefano Mancuso è associato presso la facoltà di Agraria dell’Università di Firenze e accademico ordinario dell’Accademia dei Georgofili, dirige il Laboratori­o internazio­nale di Neurobiolo­gia vegetale

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