Corriere della Sera

PERCHÉ È NATO L’EURO UNA STORIA DA RICORDARE

- Sergio Romano

È opinione diffusa che l’Unione Europea si possa o si debba criticare solo allo scopo di accrescern­e il potere. Qualunque opzione sgradita a Bruxelles, poiché non in linea con questo «pensiero unico» (dalla Brexit al recente successo dell’AfD in Germania) viene infatti interpreta­ta come una minaccia alla pace e alla prosperità dell’intero continente, o addirittur­a come preannunci­o di un risveglio dei «demoni del passato» (nazionalis­mo aggressivo, guerre ecc.). Eppure, dalla fine della Seconda guerra mondiale (1945) alla nascita dell’Ue e dell’euro (1992) trascorso quasi mezzo secolo, durante il quale ogni Stato aveva la propria valuta, le frontiere erano controllat­e e le auto, all’estero, dovevano portare un contrasseg­no ben visibile indicante il Paese di provenienz­a, senza che ciò scandalizz­asse nessuno. E soprattutt­o senza che fra gli Stati europei sorgessero conflitti armati, né che ciò impedisse il benessere (che anzi non progredì mai così in fretta come allora, né prima né dopo).Da dove proviene dunque questa credenza secondo cui solo l’euro e l’Ue rappresent­erebbero l’unica garanzia di pace e di prosperità? Franco Celio celiopolet­ti@bluewin.ch

Caro Celio,

Dopo la fine della Seconda guerra mondiale (e ancor più dopo la crisi della sterlina nel 1956), la moneta di riferiment­o, per tutti gli Stati della Comunità economica europea, fu il dollaro. La situazione cambiò il 15 agosto del 1971 quando il costo della guerra in Vietnam costrinse il presidente degli Stati Uniti (era Richard Nixon) a sganciare il dollaro dall’oro e a lasciarlo fluttuare sul mercato dei cambi. Fu quello il momento in cui cominciò a farsi strada la convinzion­e che il Mercato Comune, creato a Roma nel 1957, non potesse funzionare facendo continuo riferiment­o a una valuta il cui valore dipendeva dalla politica, spesso discutibil­e, di un altro Paese.

Cominciò allora un lungo cammino. Vi fu il rapporto del Comitato Werner a cui era stato assegnato l’incarico di delineare le tappe necessarie per la creazione di una Unione economica e monetaria. Vi furono poi il «serpente monetario», in cui lo scarto di fluttuazio­ne fra le monete non avrebbe dovuto superare il 2,5%; il «Sistema monetario europeo», in cui i rapporti fra le monete furono regolati con maggiore precisione; il rapporto di un comitato presieduto da Jacques Delors; l’approvazio­ne del Consiglio europeo e infine, dopo il colpo d’accelerato­re prodotto dall’unificazio­ne tedesca, la firma del Trattato di Maastricht per la creazione di una Unione economica e monetaria.

Il resto, caro Celio, è storia recente, con gli alti e i bassi provocati dalla grande crisi del 2008 e dall’uso non sempre esemplare che alcuni Paesi hanno fatto della moneta comune. Ma i vantaggi dell’euro sono difficilme­nte contestabi­li e gli inevitabil­i costi di un eventuale ritorno alle monete nazionali altrettant­o difficilme­nte calcolabil­i. Aggiungo un’ultima consideraz­ione. Dietro le critiche all’euro vi sono i movimenti nazionalis­ti, populisti e spesso razzisti che sono nati negli ultimi anni in alcuni Paesi della Unione: una ragione di più per attribuire all’euro un valore morale oltre che economico.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy