Corriere della Sera

Scuola, la spinta materna

Il rapporto Ocse: se lei è diplomata anche il figlio lo sarà o andrà all’università

- Di Gianna Fregonara

In una famiglia italiana in cui i genitori non hanno studiato oltre le medie, i figli hanno una possibilit­à su due di abbandonar­e la scuola. C’è un’unica possibilit­à di successo per i ragazzi, spiega un rapporto Ocse, se la mamma è riuscita a completare le superiori, il 91% di loro riuscirà a conseguire il diploma.

Solo la Turchia fa peggio di noi. In una famiglia italiana in cui i genitori non hanno studiato oltre le medie, i figli hanno una possibilit­à su due di abbandonar­e la scuola senza titolo di studio. Finiscono in quella categoria chiamata in Europa degli «early leavers», condannata a restare marginale nel mondo del lavoro e ad avere condizioni di salute più precarie, insomma alla povertà. C’è un’unica possibilit­à di successo per questi ragazzi: se la mamma è riuscita a completare le superiori, il 91 per cento di loro riuscirà a conseguire il diploma. È lei ad azionare quell’ «ascensore sociale», quella speranza di futuro, che né i papà né la scuola riescono a offrire ai ragazzi. Si tratta di un fenomeno tutto italiano, quello rilevato nello studio Ocse Education at a Glance 2016, che fotografa lo stato dei sistemi educativi di 35 Paesi.

Se una mamma che ha studiato vale tantissimo è altrettant­o vero che per i ragazzi che partono con un background difficile la scuola non riesce a fare molto. L’abbandono scolastico negli altri Paesi riguarda soprattutt­o gli stranieri che spesso non riescono a integrarsi, in Italia i dati fotografan­o una realtà impietosa: nel 2015 il 15 per cento dei 1824enni ha lasciato la scuola, uno studente su sei. È vero che nel 2009 erano di più, quasi il 19 per cento, ma la media europea è già intorno al 10 per cento e le politiche per l’inclusione ancora segnano il passo nonostante i molti e ripetuti annunci.

Questa difficoltà del sistema scolastico si riflette, con risultati preoccupan­ti anche a livello di studi universita­ri e una delle cause del ritardo italiano nell’incremento dei laureati. Rispetto agli altri Paesi, la famiglia di origine conta moltissimo anche nella scelta di immatricol­arsi: il gap di laureati tra chi ha genitori che hanno studiato e chi no è di ben 14 punti percentual­i. Una cifra che richiedere­bbe nuove politiche di sostegno economico e anche di tutoraggio dei ragazzi per indurli ad affrontare il percorso di studi. Dai dati di Education at a Glance arriva la conferma che l’istruzione universita­ria non è considerat­a come un percorso che aiuti necessaria­mente a entrare nel mondo del lavoro (il 62 per cento dei 25-34enni laureati lavora contro l’83 della media Ocse). E l’Italia non raggiunger­à l’obbiettivo europeo per il 2020, cioè un tasso di laureati del 40 per cento tra i giovani. In un anno la percentual­e è passata dal 24.2 al 25 per cento: troppo poco, la Turchia, che era come noi il fanalino di coda dei Paesi occidental­i, ha raggiunto il 28 per cento.

Un suggerimen­to sul da farsi viene dagli esperti di Parigi: servirebbe­ro fondi e borse di studio certo, ma anche un ripensamen­to dei corsi di studio, con percorsi part time e curriculum profession­alizzanti per attrarre i ragazzi.

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