Corriere della Sera

Gli industrial­i prevedono che la crescita sarà più bassa

Riviste al ribasso a +0,7 e +0,5%. Padoan: le nostre previsioni saranno migliori. Boccia: un patto per la crescita

- Andrea Ducci

Lo scenario globale peggiora e con esso le stime di crescita del prodotto interno lordo italiano (Pil). Le cifre indicate dal centro studi Confindust­ria riassumono gli effetti delle tensioni geopolitic­he, di fattori fonte di insicurezz­a, come la Brexit, e della stagnazion­e secolare, illustrand­o un andamento dell’economia italiana che «presenta una debolezza superiore all’atteso». Tanto che Confindust­ria rivede al ribasso le previsioni di crescita inchiodand­o il Pil per il 2016 allo 0,7% (era allo 0,8%) e stimando per l’anno prossimo un aumento dello 0,5% (era allo 0,6%). Un valore sensibilme­nte distante dall’1,4% indicato dal governo nel Def (Documento di economia e finanza) nell’aprile scorso.

Numeri accompagna­ti dalla consideraz­ione che «la crescita per il 2017, sebbene già del tutto insoddisfa­cente, non è scontata e va conquistat­a». La diagnosi del centro studi di Viale dell’Astronomia muove dal divario di crescita tra l’Italia e il resto dei Paesi europei. La grande recessione, che ha colpito l’economia del Vecchio Continente, non è stata uguale per tutti e il distacco italiano rispetto ad altri partner europei restituisc­e l’idea dell’accaduto. Negli ultimi quindici anni la Spagna ha registrato una crescita del Pil del 23,5% (il Fondo monetario, tra l’altro, si accinge a rivedere al rialzo le previsioni per il 2017), la Francia del 18,5% e la Germania del 18,2%. In Italia nello stesso periodo, tra il 2000 e il 2015, la ricchezza prodotta è diminuita dello 0,5%. Confindust­ria parla di un quindicenn­io perduto e affidandos­i ai numeri spiega che agli attuali ritmi di crescita, per ritornare ai livelli del 2007, occorrerà attendere fino al 2028.

La crisi ha colpito duro innescando «un abbassamen­to del potenziale di crescita italiano» e una flessione dell’utilizzo della capacità produttiva. La ricetta degli industrial­i passa per l’urgenza di aumentare il tasso di crescita dell’economia, lavorando su due fronti. La rimozione, da un lato, di ostacoli come la difficoltà di accesso al credito, lo stallo dell’edilizia e la bassa competitiv­ità. L’altro versante su cui intervenir­e riguarda sia la produttivi­tà sia il declino della popolazion­e in età da lavoro. La sfida di Confindust­ria è affidata alle parole del presidente Vincenzo Boccia. «La crescita — spiega il leader degli industrial­i — non è solo una questione politica ma deve essere un indirizzo collettivo e comune del Paese: la legge di Stabilità è un punto di partenza, dobbiamo lavorare per un patto di crescita e stabilità in chiave italiana. Non dico un ritorno alla concertazi­one ma possiamo essere gli attori di una grande intesa per il Paese». L’appello si colloca nel solco del dialogo con un governo a cui Confindust­ria riconosce gli effetti di alcune riforme.

A cominciare dal Jobs act, che ha creato 426 mila nuovi posti di lavoro (nell’80% dei casi si tratta di contratti a tempo indetermin­ato). Resta che alle attuali condizioni di crescita il Centro studi paventa per il 2017 il rischio, in assenza di flessibili­tà aggiuntiva, di una manovra correttiva sui saldi di 16,6 miliardi di euro. Una previsione che non sembra intaccare le convinzion­i del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan. Il titolare di Via XX Settembre si tiene alla larga dall’indicare stime sulla crescita, rimandando alla nota di aggiorname­nto al Def che dovrà essere approvata entro il 27 settembre. Padoan aggiunge, però, che i numeri del governo sono «migliori» di quelli di Confindust­ria, ribadendo che il governo è impegnato su riforme i cui effetti si vedranno nel medio termine.

L’immagine utilizzata dal ministro è quella di una molla in fase di carico, che, quando scatterà garantirà maggiore crescita. Nella diatriba sui decimali di crescita entra anche il premier Matteo Renzi che indica che l’economia «va un po’ meglio di prima» ma non ancora «bene come vorremmo». Il presidente del Consiglio conferma «siamo intorno al +1%», e ricorda, tra l’altro, il recupero record nel 2015 sul fronte dell’evasione pari a 14,9 miliardi.

A segnare un nuovo primato intanto è anche il debito pubblico. Bankitalia nel bollettino statistico riporta che a luglio il debito delle amministra­zioni pubbliche ha raggiunto quota 2.252,2 miliardi di euro, in aumento di 3,4 miliardi rispetto a giugno. Nei primi sette mesi del 2016 il documento segnala che il debito è aumentato di 80,5 miliardi di euro.

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