Caos anche in Veneto, la base contro gli eletti «Incapaci da cacciare»
Bisogna mandare a casa «i ragazzetti baciati dalla fortuna e senza capacità». La definizione è di Ivaldo Vernelli, consigliere 5 Stelle di Rovigo, 61 anni e un passato nel direttivo nazionale dei Verdi. La sentenza, inappellabile, c’è già stata. Il 24 agosto, portavoce e attivisti di Porto Tolle, Venezia, hanno scritto a Beppe Grillo e al direttorio, chiedendo le dimissioni immediate di Erika Baldin e Simone Scarabel. Consiglieri regionali eletti a maggio 2015, i due hanno attivato l’opzione che concede l’assegno di fine mandato in caso di mancata rielezione. Apriti cielo. Sono i 6 mila euro l’anno moltiplicati per 5, che il programma elettorale imponeva di cancellare. Baldin e Scarabel hanno poi rinunciato ma alla base non è bastato. Il 4 settembre, sempre nel Veneziano ma stavolta a Marcon, il processo si è allargato a tutti e 5 gli eletti in Regione, Jacopo Berti, candidato presidente, incluso. Parte della base (300 le firme già raccolte in tutto il Veneto) chiede a Grillo e ai capi di attivare l’opzione del «recall», la revoca dei rappresentanti «infedeli» teorizzata da Gianroberto Casaleggio ma mai codificata. I «ragazzetti baciati dalla fortuna» hanno passato il segno. Lo pensa Vernelli, ma anche tanti altri. Ce n’è per tutti, anche se non tutti si sono macchiati delle medesime «colpe». Votazioni in contrasto con il programma; progetti di legge non inseriti nel portale Lex per discuterne coi militanti; aumento dell’indennità, che gonfia fino a 3.400 euro una busta paga che la base voleva (e Berti aveva promesso) a circa 2.500 euro; mancata detrazione dalla busta dei 150 euro di pegno per le assenze ingiustificate alle sedute del consiglio. I consiglieri eletti tacciono. Nei meet up, chi crede in loro parla di «fronda pizzarottiana», di «chi voleva posti che non sono arrivati», di «iper pauperisti». La palla, come sempre, è in mano a Grillo.