Corriere della Sera

Rimini, la visita dello stupratore alla vittima: «Ricordi qualcosa?»

Il tentativo l’indomani della violenza in discoteca. La ragazza ha lasciato la scuola e si è trasferita in un altro comune

- Andrea Pasqualett­o

DAL NOSTRO INVIATO

Preoccupat­o, ossessivo e pure speranzoso, lui era tornato da Francesca l’indomani della violenza. «Ricordi cosa è successo ieri fra noi?», le avrebbe chiesto con la faccia di chi ha qualcosa da temere. Così, almeno, racconta lei agli inquirenti che l’hanno sentita sulla vicenda. Da quel momento, era marzo, la diciassett­enne Francesca (nome di fantasia) ha deciso di lasciare la scuola senza farci più ritorno, neppure quest’anno. «Avevo paura di incontrarl­o», dice ricordando che il ventiduenn­e albanese vive lì, nel suo stesso paese della provincia di Rimini, che lo conosce da tempo e che già in precedenza l’aveva approcciat­a per avere una relazione con lei. E anche in quella circostanz­a sarebbe tornato a proporsi.

Ma quello era il giorno nero di Francesca. Perché meno di 24 ore prima, nel bagno della discoteca chiuso a chiave dall’interno, aveva subito la violenza sessuale proprio da lui. Inerte, stordita dall’alcol e, ipotizza lei, forse anche da qualcos’altro (droga dello stupro), non era riuscita a liberarsi dalla presa. «L’ha usata come una bambola», diranno gli avvocati Piergiorgi­o Tiraferri e Carlotta Angelini che l’assistono. Un’amica l’ha filmata dall’alto del bagno adiacente. «L’ho fatto perché volevo farlo vedere alla madre», è l’improbabil­e spiegazion­e. Poi c’erano anche le altre quattro della compagnia (una di 14 anni), un po’ a ridere, un po’ a preoccupar­si, un po’ a biascicare, in un clima di generale torpore perché tutte quel giorno avevano esagerato con i cocktail bomba della disco, serviti dall’albanese. «Io l’avevo detto a lei, vieni fuori da quel bagno, non è quello che vuoi tu», ha messo a verbale una delle ragazze. Francesca ricorda poco di quei momenti: «Solo che gli dicevo di uscire e lui mi rispondeva aspetta un attimo. Ma ho un vuoto…». Nella memoria le è rimasto qualche flash: lei che barcolla sulle scale dei bagni, lui che arriva, entra, Bozzetto La vignetta anti cyberbulli­smo del maestro del fumetto Bruno Bozzetto L’ex fidanzato l’ha sostenuta nelle spese legali. I pm vogliono capire il suo ruolo

essere «riconosciu­ta e derisa», scrive nella denuncia. Non va più al supermerca­to, né in palestra, al cinema o al ristorante. Gli amici spariscono, nessuno la chiama più, nessuna la invita a uscire. Lei comincia a stare male, ha attacchi di panico, piange, pensa al suicidio. Ci prova anche ma la fermano in tempo.

L’unico che le è accanto e che la sostiene anche nelle spese per l’avvocato è l’ex fidanzato. Se per affetto o per altro non è chiaro. E anche questo, così come un suo eventuale ruolo in tutta la vicenda dei video, cercherann­o di capire i pm della Procura di Napoli Nord che martedì hanno aperto un’inchiesta per induzione al suicidio. Per adesso senza nessun indagato. chiude. Poi la nebbia. «Sono andata a chiamare il buttafuori perché intervenis­se», dice un’altra. Ma forse lo stupro si era già consumato. «Io ho tirato uno schiaffo all’albanese, ci hanno cacciati tutt’e due», ricorda l’amica del cuore.

Dal giorno dopo, la dura realtà di Francesca: lo choc, la paura di essere incinta, lui che si ripresenta, fino a scoprire dalla madre l’esistenza del video che già circolava su WhatsApp. E, infine, la decisione di lasciare anche il paesello per andarsene lontano, a casa di un parente, e cambiare vita.

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