Corriere della Sera

«Carta a rischio». «No, è falso» Il duello Anpi-Renzi alla Festa pd

Fischi e applausi dei due schieramen­ti. Smuraglia: non vogliamo far cadere il governo

- Cesare Zapperi

Se salta questa riforma non è vero che se ne fa un’altra, vi tenete quel che c’è M. Renzi Se si vuole tagliare le poltrone perché restano 630 deputati? Lì non si può tagliare? C. Smuraglia

DAL NOSTRO INVIATO

E poi dicono che il referendum non appassiona. Non qui alla Festa dell’Unità presa d’assalto dai popoli del Sì e del No (almeno 3 mila persone) per assistere al duello «fratricida», tutto dentro l’area di centrosini­stra, tra Matteo Renzi e Carlo Smuraglia. Il giovane premier e il vecchio partigiano, il riformator­e e il conservato­re secondo la semplifica­zione pubblicist­ica, due modi egualmente appassiona­ti ma opposti di guardare alla Costituzio­ne.

È la Festa dell’Unità, ricorda il moderatore Gad Lerner, invitando a evitare lacerazion­i e dileggi. Il confronto è civile, ma duro. «Questa non è una riforma ma uno stravolgim­ento della Costituzio­ne» attacca Smuraglia. «Dire che è in gioco la democrazia è una presa in giro degli italiani» ribatte secco Renzi. Il confronto, tra qualche fischio e urla di pochi intemperan­ti dell’una dell’altra parte, affronta tutte le questioni sul campo. Il presidente dell’Anpi invita a lasciare da parte le eventuali ricadute politiche. «Ci interessa difendere la Costituzio­ne, non cambiare il premier o il governo», con una implicita bacchettat­a a una militante che sbraitando vorrebbe mandare a casa subito il premier. Renzi non s’impression­a e strappa l’applauso con una constatazi­one difficilme­nte censurabil­e: «Questo Paese ha avuto negli ultimi 70 anni un eccesso di politici e un difetto di politica con la P maiuscola». Ergo, bisogna cambiare se si vuole evitare di continuare ad ingrossare la statistica che ha visto nel dopoguerra ben 63 governi. «Se non passa la nostra riforma — ricorda ancora — non è vero che se Le parole sul Jobs act Il premier contestato da una parte del pubblico quando parla di riforma del lavoro

ne fa un’altra in due giorni. Vi tenete quel che c’è». Smuraglia provoca: «Ma se si vogliono tagliare le poltrone, perché rimangono 630 deputati? Possibile che lì non si possa fare una riduzione di poltrone?». E poi ecco l’Italicum, per il premier «un’ottima legge», che ci costa fatica modificare ma che «siamo disposti a ridiscuter­e. Ma voglio vedere le carte». Chi ha proposte si faccia avanti, insomma. Lerner ricorda che anche Napolitano ha chiesto di cambiare strada. Renzi è tranchant: «Non si può avere paura degli elettori». Il presidente Anpi contesta il premio di maggioranz­a «eccessivo» e doppiament­e preoccupan­te nel momento in cui alla Camera si contrappor­rà un Senato depotenzia­to. «L’Italicum mi preoccupa perché mette tutto nelle mani del leader del partito che vince» l’osservazio­ne del vecchio partigiano. A cui Renzi rammenta, polemicame­nte, che in passato il Pci e i Ds, in cui Smuraglia ha militato, erano favorevoli all’indicazion­e esplicita del premier. E la personaliz­zazione del referendum? Il segretario del Pd non arretra rispetto all’idea di trarre le conseguenz­e in caso di eventuale sconfitta, ma sottolinea che è stato il partito a chiedergli di non usare più quell’argomento. E qualche fischio parte quando ricorda i risultati raggiunti con il Jobs act.

Si chiude sulla questione della libertà di coscienza, tema lacerante dentro il Pd come nell’Anpi. «Abbiamo preso al congresso una posizione contraria a larghissim­a maggioranz­a (3 sole astensioni). Dov’è il dissenso?» si chiede Smuraglia. Il premier dice di non temere le opinioni dissonanti ma calca la mano, tra i fischi dei contestato­ri, sottolinea­ndo l’importanza del referendum (la cui data verrà decisa dal Consiglio dei ministri del 26 settembre). «È un passaggio epocale, un passo in avanti.

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A Bologna Il presidente Anpi Carlo Smuraglia e Matteo Renzi sul palco della Festa dell’Unità (Ansa)

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