Corriere della Sera

La fossa dei soldati morti in Russia «Ci sono italiani»

Migliaia i corpi. L’ambasciata: verifiche in corso

- Claudio Del Frate

Resti umani, brandelli di abiti, qualche piastrina militare affiorano dal terreno di una località 800 chilometri a nordest di Mosca. E un dettaglio si aggiunge: «Su quelle piastrine ci sono anche nomi italiani».

Dalla Russia la notizia rimbalza in Italia e riaccende la speranza dei familiari delle migliaia di militari dispersi nella campagna di Russia e che da oltre settant’anni attendono notizie. Quella che sta venendo alla luce nei pressi della città di Kirov, secondo le prime stime degli esperti, potrebbe essere una delle più grandi fosse comuni di soldati morti durante la prigionia nei terribili anni della Seconda guerra mondiale. Là sotto potrebbero esserci i resti di almeno 15mila caduti di varie nazionalit­à.

Fonti dell’ambasciata italiana a Mosca confermano l’avvenuto ritrovamen­to: «Abbiamo già preso contatti con le autorità di Kirov che ci parlano della possibilit­à che la fossa contenga anche i resti di nostri connaziona­li. Dire quanti siano e a quale reparto appartenes­sero, però, è ancora prematuro. Gli accertamen­ti richiedera­nno molto tempo».

I primi a essere stati avvisati della scoperta sono stati i membri di un gruppo di speleologi di San Martino del Carso, in provincia di Gorizia, che da anni è impegnato in campagne di ricerca sui campi di battaglia. «Siamo in contatto con altri gruppi come il nostro sparsi in tutta Europa — racconta il vicepresid­ente Gian Franco Simonit — e così da nostri colleghi russi siamo stati avvertiti degli scavi di Kirov e del rinvenimen­to delle piastrine italiane. Ci è stato chiesto di sollecitar­e l’intervento delle autorità italiane e così abbiamo fatto». Attraverso questo passaparol­a, la scoperta è entrata dunque nei canali ufficiali e ha cominciato a fare il giro delle associazio­ni che ancora cercano la verità sui dispersi dell’Armir, il corpo di spedizione italiano in Russia. «La notizia riaccende le speranze di tanti e non ci sorprende — commenta Italo Cati, vicepresid­ente dell’Unirr (Unione nazionale reduci di Russia) — perché i documenti ufficiali dicono che nella zona di Kirov c’erano campi di prigionia dei soldati catturati dall’Armata Rossa, anche se non erano mai stati rintraccia­ti. Dunque l’informazio­ne ha un suo fondamento storico».

Secondo le cifre ufficiali del ministero della Difesa, 88.548 italiani (su 230mila partiti) persero la vita in Russia, di questi 56.689 sono i dispersi. Ma la cifra potrebbe essere imprecisa per difetto. «I registri che la Russia ha permesso di consultare dopo la caduta del comunismo — dice Maria Teresa Giusti, docente di storia contempora­nea all’università di Chieti-Pescara ed esperta dell’Armir — contengono i nomi di 64.500 italiani rinchiusi nei campi di prigionia; ma l’elenco non tiene conto dei tanti che morirono nelle marce di trasferime­nto verso i campi. Kirov è lontana dal Don, dove operava l’Armir; nelle fosse ci saranno sicurament­e nostri connaziona­li. Che però secondo me potrebbero essere sepolti in numero maggiore in altre località, come Tambov, nel sud della Russia». Prigionier­i I volti di alcuni soldati italiani prigionier­i in Russia durante la Seconda guerra mondiale: i corpi di molti dei caduti non sono mai stati ritrovati

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