LO SQUILIBRIO DA CORREGGERE TRA RISPARMIO E INVESTIMENTI
È necessario attuare riforme che aprano i mercati a nuovi investitori e riducano le posizioni di rendita monopolistiche
Perché mai l’Italia dovrebbe seguire le regole europee, se nemmeno la Germania le rispetta? Da anni il surplus tedesco del commercio di beni e servizi supera la soglia del 6% del Pil stabilita nei regolamenti europei.
In realtà, la questione è un po’ più complessa. Che altri Paesi non rispettino le regole può forse far comodo, anche per deviare l’attenzione dell’opinione pubblica sui problemi degli altri. Ma in questo caso non è rilevante. Il saldo delle partite correnti è uno dei 14 indicatori della procedura per gli squilibri macroeconomici (Macroeconomic Imbalance Procedure), che mira a prevenire e correggere gli squilibri macroeconomici all’interno dell’Ue. Se in uno Stato membro più indicatori superano le rispettive soglie di riferimento, la Commissione europea procede a un esame approfondito per stabilire se esistano o possano verificarsi squilibri macroeconomici e se gli squilibri esistenti siano stati corretti. La Commissione può effettuare raccomandazioni ai singoli Paesi e in ultima istanza imporre delle sanzioni. Gli indicatori riguardano l’occupazione, la competitività e la situazione finanziaria del settore pubblico e privato di ciascun Paese.
Nell’ultimo esercizio di sorveglianza, sono stati identificati 11 Paesi dell’area dell’euro con squilibri macroeconomici. In Germania due indicatori superano la soglia prevista: il surplus esterno delle partite correnti, maggiore del 6%, e il debito pubblico, superiore al 60%. Nel caso italiano sono 5 gli indicatori fuori linea (relativi all’occupazione, alla competitività e alle finanze pubbliche), e in quello francese 6 (in settori simili a quello italiano). A ciascun Paese sono state fatte raccomandazioni specifiche per ridurre gli squilibri.
Insistere sul fatto che la Germania violi le regole perché il suo surplus esterno è elevato è dunque formalmente inesatto, perché non si tratta di una regola come è invece il caso del disavanzo e del debito pubblico nell’ambito del patto di Stabilità e del Fiscal compact.
Ciò nonostante, il problema esiste. Il fatto che l’area dell’euro registri un attivo delle partite correnti di quasi il 4% del Pil significa che vi è in Europa un eccesso di risparmio rispetto agli investimenti, che contribuisce a produrre pressioni deflazionistiche all’interno e nel resto del mondo. Lo squilibrio tra risparmio e investimenti deprime i tassi d’interesse e spinge la Banca centrale europea ad intervenire con massicci acquisti di titoli e con una riduzione dei tassi di mercato su livelli negativi.
Come riconosciuto di recente dal G20, e ribadito da tempo dalle banche centrali, lasciare alla sola politica monetaria il compito di correggere tali squilibri è inefficiente e produce effetti collaterali indesiderati, in particolare sul sistema finanziario. Lo stesso Ministro dell’economia Wolfgang Schäuble non perde occasione per lamentarsi dell’impatto negativo dei bassi rendimenti per i risparmiatori tedeschi. Non viene evidentemente compreso che il problema non è creato dalla politica moneta- ria, bensì dall’eccesso di risparmio prevalente in Europa, cui contribuisce in modo significativo quello tedesco, che ha superato l’8% del Pil. In altre parole, indipendentemente da quanto possa fare la politica monetaria, se lo squilibrio tra risparmio e investimenti non viene corretto, sono proprio i risparmiatori europei a subirne le conseguenze.
Per ridurre gli squilibri esistenti, è necessario mettere in atto politiche, soprattutto strutturali, che mirino da un lato a ridurre la propensione al risparmio eccessivo e, dall’altro, ad incoraggiare gli investimenti, pubblici e privati. Ad esempio, per ridurre l’eccesso di risparmio, di natura precauzionale e determinato in larga parte dall’evoluzione demografica, è necessario favorire l’allungamento dell’età lavorativa. È il contrario della controriforma pensionistica adottata in dal governo tedesco; e delle proposte di riforma del sistema pensionistico attualmente in discussione nel nostro Paese. Per far crescere gli investimenti, soprattutto nel settore privato, è necessario attuare riforme che aprano i mercati a nuovi investitori e riducano le posizioni di rendita monopolistiche. Per favorire gli investimenti pubblici, bisogna riqualificare la spesa, tagliando quella corrente.
Queste misure sono in larga parte di competenza dei governi nazionali. Ogni anno l’Unione Europea indirizza agli Stati membri delle raccomandazioni precise, ma che vengono in gran parte ignorate, talvolta derise. Il risultato è che ciascun Paese mette in atto le proprie misure senza tener conto del contesto esterno, senza coordinarsi con gli altri.
Per rafforzare la crescita in Europa è necessario rafforzare la procedura, renderla più incisiva. Ci vuole una iniziativa politica di ampio respiro, che spinga gli Stati membri ad indirizzare le loro politiche non solo agli obiettivi interni ma anche a ridurre gli squilibri esterni e a generare una crescita sostenibile dell’intera area.
Una tale iniziativa sarebbe coerente con le indicazioni del G20, del Fondo monetario internazionale e della Bce. Richiede tuttavia il sostegno dei principali Paesi europei, che devono dimostrare la loro volontà a persegue l’interesse generale dell’Unione, piuttosto che cercare di trarre dalle regole esistenti vantaggi per il proprio Paese.