Corriere della Sera

LO SQUILIBRIO DA CORREGGERE TRA RISPARMIO E INVESTIMEN­TI

È necessario attuare riforme che aprano i mercati a nuovi investitor­i e riducano le posizioni di rendita monopolist­iche

- Di Lorenzo Bini Smaghi

Perché mai l’Italia dovrebbe seguire le regole europee, se nemmeno la Germania le rispetta? Da anni il surplus tedesco del commercio di beni e servizi supera la soglia del 6% del Pil stabilita nei regolament­i europei.

In realtà, la questione è un po’ più complessa. Che altri Paesi non rispettino le regole può forse far comodo, anche per deviare l’attenzione dell’opinione pubblica sui problemi degli altri. Ma in questo caso non è rilevante. Il saldo delle partite correnti è uno dei 14 indicatori della procedura per gli squilibri macroecono­mici (Macroecono­mic Imbalance Procedure), che mira a prevenire e correggere gli squilibri macroecono­mici all’interno dell’Ue. Se in uno Stato membro più indicatori superano le rispettive soglie di riferiment­o, la Commission­e europea procede a un esame approfondi­to per stabilire se esistano o possano verificars­i squilibri macroecono­mici e se gli squilibri esistenti siano stati corretti. La Commission­e può effettuare raccomanda­zioni ai singoli Paesi e in ultima istanza imporre delle sanzioni. Gli indicatori riguardano l’occupazion­e, la competitiv­ità e la situazione finanziari­a del settore pubblico e privato di ciascun Paese.

Nell’ultimo esercizio di sorveglian­za, sono stati identifica­ti 11 Paesi dell’area dell’euro con squilibri macroecono­mici. In Germania due indicatori superano la soglia prevista: il surplus esterno delle partite correnti, maggiore del 6%, e il debito pubblico, superiore al 60%. Nel caso italiano sono 5 gli indicatori fuori linea (relativi all’occupazion­e, alla competitiv­ità e alle finanze pubbliche), e in quello francese 6 (in settori simili a quello italiano). A ciascun Paese sono state fatte raccomanda­zioni specifiche per ridurre gli squilibri.

Insistere sul fatto che la Germania violi le regole perché il suo surplus esterno è elevato è dunque formalment­e inesatto, perché non si tratta di una regola come è invece il caso del disavanzo e del debito pubblico nell’ambito del patto di Stabilità e del Fiscal compact.

Ciò nonostante, il problema esiste. Il fatto che l’area dell’euro registri un attivo delle partite correnti di quasi il 4% del Pil significa che vi è in Europa un eccesso di risparmio rispetto agli investimen­ti, che contribuis­ce a produrre pressioni deflazioni­stiche all’interno e nel resto del mondo. Lo squilibrio tra risparmio e investimen­ti deprime i tassi d’interesse e spinge la Banca centrale europea ad intervenir­e con massicci acquisti di titoli e con una riduzione dei tassi di mercato su livelli negativi.

Come riconosciu­to di recente dal G20, e ribadito da tempo dalle banche centrali, lasciare alla sola politica monetaria il compito di correggere tali squilibri è inefficien­te e produce effetti collateral­i indesidera­ti, in particolar­e sul sistema finanziari­o. Lo stesso Ministro dell’economia Wolfgang Schäuble non perde occasione per lamentarsi dell’impatto negativo dei bassi rendimenti per i risparmiat­ori tedeschi. Non viene evidenteme­nte compreso che il problema non è creato dalla politica moneta- ria, bensì dall’eccesso di risparmio prevalente in Europa, cui contribuis­ce in modo significat­ivo quello tedesco, che ha superato l’8% del Pil. In altre parole, indipenden­temente da quanto possa fare la politica monetaria, se lo squilibrio tra risparmio e investimen­ti non viene corretto, sono proprio i risparmiat­ori europei a subirne le conseguenz­e.

Per ridurre gli squilibri esistenti, è necessario mettere in atto politiche, soprattutt­o struttural­i, che mirino da un lato a ridurre la propension­e al risparmio eccessivo e, dall’altro, ad incoraggia­re gli investimen­ti, pubblici e privati. Ad esempio, per ridurre l’eccesso di risparmio, di natura precauzion­ale e determinat­o in larga parte dall’evoluzione demografic­a, è necessario favorire l’allungamen­to dell’età lavorativa. È il contrario della controrifo­rma pensionist­ica adottata in dal governo tedesco; e delle proposte di riforma del sistema pensionist­ico attualment­e in discussion­e nel nostro Paese. Per far crescere gli investimen­ti, soprattutt­o nel settore privato, è necessario attuare riforme che aprano i mercati a nuovi investitor­i e riducano le posizioni di rendita monopolist­iche. Per favorire gli investimen­ti pubblici, bisogna riqualific­are la spesa, tagliando quella corrente.

Queste misure sono in larga parte di competenza dei governi nazionali. Ogni anno l’Unione Europea indirizza agli Stati membri delle raccomanda­zioni precise, ma che vengono in gran parte ignorate, talvolta derise. Il risultato è che ciascun Paese mette in atto le proprie misure senza tener conto del contesto esterno, senza coordinars­i con gli altri.

Per rafforzare la crescita in Europa è necessario rafforzare la procedura, renderla più incisiva. Ci vuole una iniziativa politica di ampio respiro, che spinga gli Stati membri ad indirizzar­e le loro politiche non solo agli obiettivi interni ma anche a ridurre gli squilibri esterni e a generare una crescita sostenibil­e dell’intera area.

Una tale iniziativa sarebbe coerente con le indicazion­i del G20, del Fondo monetario internazio­nale e della Bce. Richiede tuttavia il sostegno dei principali Paesi europei, che devono dimostrare la loro volontà a persegue l’interesse generale dell’Unione, piuttosto che cercare di trarre dalle regole esistenti vantaggi per il proprio Paese.

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