GIOVANI E FOLLI SONO I VECCHI SECONDO PANSA
Dai ragazzi di Salò ai ragazzacci della terza età. Il libro numero 58 di Giampaolo Pansa, Vecchi folli e ribelli. Il piacere della vita nella terza età (Rizzoli, pagine 308, 20) è dedicato all’esercito sempre più numeroso di sessantenni, settantenni, ottantenni e oltre (i centenari italiani sono ventimila) che non si lasciano spaventare dall’avanzare degli anni e scoprono che l’elisir di lunga vita è non arrendersi mai, giocare sino all’ultimo le carte che si hanno a disposizione.
Il libro di Pansa, giornalista tra i più creativi, che si è occupato con successo di storia (dalla tesi di laurea sulla Guerra partigiana tra Genova e il Po a Il sangue dei vinti, del 2005) e da un po’ di tempo si diverte con la narrativa, si conclude con un omaggio ad alcuni grandi ultranovantenni e ultracentenari italiani, da Dario Fo e Gianrico Tedeschi a Gillo Dorfles e Cesare Romiti, protagonisti che non hanno mai abbandonato la scena. Un po’ come fa l’autore, classe 1935, che in un dialogo con la sua compagna, Adele Grisendi, confessa di avere un Viagra molto speciale: la scrittura. È il lavoro, la fatica quotidiana di preparare l’articolo per i giornali, la ricerca e l’impegno a tavolino per i libri (almeno uno all’anno) che gli impediscono, oltre alla compagnia della sua bella signora, di invecchiare dentro.
Certo, con l’avanzare degli anni, arrivano inevitabili gli acciacchi, aumentano le paure, da quella di ammalarsi gravemente al timore di impoverirsi, ma finché è possibile Pansa invita i suoi lettori a camminare a testa alta, non abbandonando mai la curiosità, il piacere dell’eros (i desideri non invecchiano) e un certo salutare egoismo.
Come per altri suoi libri non storici, Pansa gioca in questa sua ultima fatica tra cronaca e finzione. Le voci narranti sono quelle di Elena e Mario (gli alter ego di Adele e Giampaolo), i cui dialoghi introducono il lettore a una serie di storie che hanno sempre per protagonisti signore e signori della terza età. Quasi sempre si tratta di storie vere, a volte invece inventate ma sempre legate a una realtà viva e drammatica. Per esempio quando l’autore immagina che uno dei sottoscrittori dei fallimentari derivati che hanno mandato in rovina migliaia di piccoli risparmiatori, soprattutto pensionati, decide di vendicarsi con la violenza dei dirigenti di banca che li hanno spinti a investimenti così disastrosi. Oppure c’è la storia, così somigliante a tante vicende simili sempre più frequenti, di Enzo e Claudia, due pensionati che decidono di trasferirsi in Portogallo, nonostante l’opposizione dei figli, perché il regime fiscale di quel Paese garantisce migliori condizioni di vita.
In un Paese con un tasso di natalità molto basso e destinato a invecchiare sempre di più, c’è poi la realtà delle badanti (900 mila secondo i dati Inps, in realtà circa due milioni) che Pansa indaga con tocchi veloci e profondi.
La cifra narrativa di questo libro non è quella del saggio noioso, ma del racconto leggero e quasi sempre intriso di sensualità. Sia che le voci narranti di Mario ed Elena si divertano a spiegare per esempio l’etimo della parola carampana (termine offensivo che deriva da Ca’ Rampani, la casa dove a Venezia erano ospitate le vecchie prostitute) sia che si dilunghino su una serie di avventure erotiche che hanno per protagonisti signore e signori avanti con gli anni. Il desiderio sessuale, molto spesso soffocato per anni, si scatena quando i protagonisti decidono di rompere il muro di convenzioni che vorrebbero gli anziani spenti ed emarginati.
Mai rinunciare a combattere, a impegnarsi, a vivere, ci dice Giampaolo Pansa in questi racconti scanzonati: in fondo la vecchiaia può attendere.