Corriere della Sera

LA MUSICA IMMORTALE

L’appuntamen­to Dal 24 settembre, a Cremona, la nuova edizione del Festival intitolato al celebre liutaio. Uno scrittore visita il Museo del Violino e rievoca la storia della donna che nel 1800 si spinse fino in Siberia con il violoncell­o LO STRADIVARI DI

- di Giovanni Montanaro

Una balena, incastrata sotto la chiglia. Lo scuotiment­o è forte, il bastimento rischia di rovesciars­i nel gelido mare di Ochotsk. I passeggeri si affollano sul ponte. Anche se è buio, freddo, quel gigante si vede bene; largo, tra la morte e la rabbia. Poi, all’improvviso, la balena prende un respiro, sbuffa, si alza contro la nave e nuota via nell’abisso.

Lise Cristiani ne è convinta, anche se l’equipaggio non le crede: è stata la sua musica a richiamarl­a fino a lì. Sono stati i lunghi esercizi tra le onde, quel suono dolce, doloroso. Lise ha ventidue anni, i nastri nei capelli, lo sguardo serio. È la prima violoncell­ista della storia, una vera star; Mendelssoh­n, per dire, per lei ha scritto la romanza senza parole op. 109. Ha tenuto concerti nella sua Parigi, ma anche a Berlino e Amburgo, Copenaghen e Stoccolma. Molla tutto, però, e decide di andare lontano.

Vuole portare il suo violoncell­o dove un violoncell­o non c’è mai stato. Ventimila chilometri in carrozza, da Ekaterinbu­rg a Kazan, dal lago Bajkal fino a Yakutsk, per arrivare lì, sotto la Siberia, la Kamchatka. Mi piace immaginare che non lo faccia solo per il pubblico di improvvisa­te, fumose sale da concerto, ma anche per gli alberi, l’acqua, le balene. Vuole che tutto senta, per la prima volta, quella musica. In qualche modo, la restituisc­e alla natura.

Morirà di colera nel 1853, a ventisei anni, a Novotcherk­assk, l’antica capitale dei cosacchi. Il suo Stradivari è qui, davanti a me, nello Scrigno dei tesori del Museo del Violino di Cremona, una strada rossa, pareti nere sotto una pancia di acero, che contiene tutta la luce color miele degli archi. Sono tanti, c’è da perdersi. Quest’altro violino ha nome Vesuvio e non si sa perché, probabilme­nte per il colore rubino, forse per il suono, come una lava.

È il 1727, e un altro ragazzo è morto troppo giovane, a soli ventiquatt­ro anni. Si chiamava Giovanni Battista Martino Stradivari, e forse a lui suo padre Antonio avrebbe lasciato la bottega, quei segreti che faticava a trasmetter­e agli altri figli, già avanti con gli anni.

È che Antonio, di anni, ne ha ormai novanta, Giovanbatt­ista è morto, ed è troppo tardi. Antonio diventerà immortale ma tutto finirà con lui. Non lascerà a nessuno i suoi disegni, le forme, gli attrezzi. Anche quelli sono qui, nella stanza più inaspettat­a, commuovent­e, dentro a dei grandi cassetti; li ha comprati nel

I pezzi esposti Hanno cinquecent­o anni, trecento, o appena un paio. Non importa. Sono pronti. Sono giovani

1920 il grande liutaio bolognese Giuseppe Fiorini offrendo 100.000 lire.

In realtà, aveva bluffato, perché disponeva di sole 20.000 lire, e per il resto ha fatto debiti, ma nel 1930 ha deciso comunque di donare la sua collezione a Cremona, purché fosse pubblicame­nte esposta e si fondasse una scuola di liute- ria. Questo violino, invece, si chiama Carlo IX, è violino di un re. È il 1566, Antonio Amati manda i suoi strumenti in Francia per l’orchestra dei Violons Italiens du Roi. Si vede ancora, il giglio, il motto «giustizia e pietà». Gli strumenti suonano per secoli ma poi vengono distrutti a Versailles, durante la Rivoluzion­e Francese. Ma questo no, questo è ancora qui. Chissà che cosa si ricorda, delle feste e della collera. E poi ce n’è tanti altri. C’è Il Cremonese, il primo acquisto della città di Cremona, il 17 dicembre 1961.

Ci sono Guarneri del Gesù, Ruger, tutte le famiglie che hanno fatto questa città. Ci sono i prestiti dei «Friends of Stradivari», i mecenati che, per un periodo, li lasciano qui perché tutti possano vederli. Ci sono i nuovi strumenti, i vincitori del concorso triennale che premia i migliori liutai del mondo. Tutti quanti vengono suonati. Suonano i grandi concertist­i, suonano i ragazzi dell’Accademia Stauffer, l’industrial­e caseario svizzero decisivo per la rinascita della liuteria.

Li suonano nei teatri, ma anche all’Auditorium del Museo. A Cremona la musica continua. Il Museo continua anche fuori, dove ci sono più di centocinqu­anta liutai; magari sono giapponesi, ma si firmano comunque «cremonensi­s». E così, guardo questi strumenti, penso ai prossimi che nasceranno. Acero della Val di Fiemme, budello nudo, vernici, oli, sgorbie, pialle. Lì dentro ci sono voci, tempeste, uccelli, gioie, dispiaceri.

Hanno cinquecent­o anni, trecento, o appena un paio. Non importa. Sono pronti. Sono giovani. Dritti come gli alberi da cui vengono, dolci come i suoni cui assomiglia­no.

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Virtuosa Lise Cristiani (1827-1853), violoncell­ista morta a soli 26 anni, possedeva un violoncell­o realizzato da Antonio Stradivari nel 1700 e che oggi porta il suo nome

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