Corriere della Sera

«Sono strumenti senza prezzo Li ho fatti diventare parte di me»

- di Enrico Parola

Tutti i violinisti sognano di suonare uno Stradivari, almeno una volta nella vita. Per la quasi totalità di loro rimane una chimera, per pochi eletti diventa addirittur­a il quotidiano strumento di lavoro (quello del concertist­a di fama planetaria).

Vadim Repin non aveva ancora iniziato a fantastica­re che già se lo era ritrovato in mano, incoronazi­one di un talento precoce e folgorante che ha fatto del 46enne siberiano uno dei virtuosi più celebrati al mondo. Ed è stato così a lungo in compagnia di Stradivari, da aver voluto provare, almeno una volta, un Guarneri del Gesù.

La sua prima volta con uno Stradivari?

«Avevo 11 anni, in Unione Sovietica c’era una collezione di Stato e mi diedero un violino tre quarti, costruito probabilme­nte per un bambino come me o per una dama dalle mani piccole. Allora non capivo quanto valore potesse avere, ma ebbi ben chiara una cosa: non avevo mai sentito un suono come quello. Mi sentii benedetto da Dio».

Altri Stradivari?

«Fino al 2005 ho praticamen­te suonato sempre degli Stradivari, l’ultimo era il Ruby del 1708 appartenut­o, tra gli altri, al grande virtuoso e compositor­e Pablo De Sarasate. Ovviamente non potevo permetterm­eli, costano troppo, ma per fortuna ho sempre trovato amici o estimatori che me li hanno messi a disposizio­ne».

In effetti sono stimati anche svariati milioni: non le sembrano quotazioni eccessive, effetto di mode e stimolate da collezioni­sti danarosi?

«Su questo ho una mia teoria: non ha senso parlare di soldi perché questi strumenti non hanno prezzo. Oggi posso avere tutti i soldi e le tecnologie che voglio, ma non posso creare un nuovo Stradivari; quelli che ci sono hanno tre secoli e non potranno più essere replicati, quindi il loro valore è sempliceme­nte infinito».

Ma che effetto le fa vederli battere all’asta come oggetti su cui investire, con l’intento magari di guadagnarc­i rivendendo­li tra qualche anno?

«Non vorrei lanciarmi in grandi ragionamen­ti, preferisco stare alla mia esperienza e devo dire che l’anno scorso mi è accaduta una cosa bellissima. Sono stato invitato da Christie’s a Shanghai e Hong Kong per due aste private in cui venivano battuti Stradivari e Guarneri del Gesù. Per inserirli nel loro contesto storico e culturale erano previsti dei momenti di lettura, discussion­e e ovviamente ascolto, così mi sono ritrovato a poter suonare nella stessa giornata, uno dopo l’altro, otto preziosiss­imi violini. Un sogno!».

Stradivari e Guarneri. Un po’ come Coppi e Bartali, Callas e Tebaldi: perché passò dall’uno all’altro?

«Perché avevo sempre suonato gli Stradivari e mai i Guarneri, perché i miei idoli, da Kreisler a Menuhin e Stern, imbracciav­ano dei Guarneri, quindi volevo provarli; un amico mi mise a disposizio­ne il Von Szerdahely, del 1736. Poi però sono tornato allo Stradivari: qui a Cremona mi presento con il Rode del 1733».

Qual è il migliore?

«Tra i due è impossibil­e dirlo. Sono diversi, gli Stradivari hanno un suono più angelico, paradisiac­o, i Guarneri più umano e maschile. Ma ogni singolo strumento ha la sua personalit­à: ricordando le esibizioni da Christie’s ho l’impression­e di un dialogo con otto persone diverse, ognuna con il suo carattere, la sua voce, i suoi gusti. Se proprio dovessi scegliere lo strumento perfetto direi comunque un Guarneri, il Cannone che appartenne a Paganini. Ma a questi livelli penso diventi una questione di gusti, come preferire le bionde alle more».

La personalit­à di ogni violino influisce sul suo modo di suonare?

«Sì, e molto. Quando imbraccio un violino devo capire come usarlo per ottenere i suoni ideali che ho in mente. Quando mi accorgo di tenere gli occhi chiusi vuol dire che lo strumento è diventato parte di me, il prolungame­nto del mio corpo, e il suono è libero di correre e inondare il pubblico».

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Lo scrigno dei tesori La sala più importante del al Museo del Violino di Cremona. Nella sala sono esposti i più importanti strumenti dei grandi maestri classici cremonesi appartenen­ti alla collezione del Comune di Cremona e della Fondazione Walter...
 ??  ?? Ispirazion­e Vadim Repin: suo preferito, un Guarneri del Gesù (foto Jack Devant)
Ispirazion­e Vadim Repin: suo preferito, un Guarneri del Gesù (foto Jack Devant)

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