Corriere della Sera

I militari americani cambiano prospettiv­a

- Di Massimo Gaggi

Il Pentagono che respinge una richiesta della Casa Bianca di mandare un drone sui cieli del Kyrgyzista­n per monitorare una crisi umanitaria in atto. I militari che invadono il campo del Dipartimen­to di Stato e delle agenzie per la cooperazio­ne finanziand­o campagne contro l’estremismo in Iraq, coniando slogan, organizzan­do concerti per la pace in Africa e addestrand­o i giudici in Afghanista­n. Mentre in patria il Pentagono contribuis­ce alla militarizz­azione delle forze di polizia distribuen­do ovunque i mezzi blindati che si trova ad avere in eccesso col ritiro delle truppe dalle aree di guerra. L’opposizion­e del ministro della Difesa Usa Ashton Carter all’accordo UsaRussia sulla Siria appena siglato dal suo collega di governo, il Segretario di Stato John Kerry, ha sorpreso molti. Le riserve dei militari americani nascono da una preoccupaz­ione condivisa in parte anche da Obama: il timore di dover spiegare come l’«intelligen­ce» ottiene informazio­ni e guida i droni contro obiettivi dell’Isis. Rivelazion­i che consentire­bbero al Cremlino di capire come funziona la sorveglian­za Usa anche in altri scacchieri, ad esempio quelli Nato. Ma, al di là di questo malessere contingent­e, è chiaro che i 15 anni vissuti dagli Usa in un clima di conflitto permanente hanno trasformat­o il modo del Pentagono di operare e di porsi rispetto al resto dell’Amministra­zione. A descrivere con passione ed efficacia questa sorta di mutazione genetica arriva ora in America un libro How Everything Became War and the Military Became Everything, scritto da Rosa Brooks, per anni alto funzionari­o civile del Pentagono e ora docente della Georgetown University. La Brooks porta la visione critica della figlia di una famiglia progressis­ta, ma è anche solidale coi militari (il marito è un tenente colonnello dell’esercito). E infatti la sua proposta finale — assai poco realistica — è quella di allargare di molto il bilancio del Pentagono e di reintrodur­re la leva obbligator­ia dando ai militari compiti più ampi anche nell’ingegneria civile. Più interessan­te il suo racconto del progressiv­o cambiament­o del Dna dei militari fino ad avere, come racconta un funzionari­o civile, «capitani di 30 anni addestrati solo a guidare “tank” che pretendono di sapere come si sconfigge in sei mesi la povertà in Afghanista­n». È anche per arginare questa mutazione che Obama ha deciso di concludere, forse troppo presto, l’impegno militare Usa in Iraq e Afghanista­n.

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