«Paga e corri», trema il ciclismo italiano
Rischiano la radiazione 3 team manager che chiedevano soldi agli atleti : Viviani testimone chiave
Elia Viviani, due mesi prima di diventare campione olimpico nell’Omnium a Rio. L’azzurro non ha certo dovuto pagare per correre, ma ha confermato con la sua testimonianza del 14 giugno che la Bardiani ha chiesto soldi a Marco Coledan, suo amico e da lui «scelto» per seguirlo alla Liquigas. Coledan, che di primo acchito aveva negato l’episodio (confermato anche dall’agente), è stato a sua volta deferito. Almeno altri 6 corridori invece hanno ammesso di aver pagato o di aver procurato sponsor che pagassero per il loro ingaggio. Se non è l’azienda di famiglia, a tirare fuori i soldi necessari è il nonno che sogna un nipote forte come Moser o magari il papà del compagno più debole, in una sorta di trattativa «2 al prezzo di 1», documentata per due atleti veneti.
Nell’inchiesta «Paga e corri» spicca il ruolo anche di alcuni procuratori di ciclismo. O presunti tali, dato che percepire una percentuale sui soldi pagati dal proprio assistito per lavorare è solo uno dei risvolti grotteschi dell’intera vicenda, che dà un quadro sconfortante del movimento. Il capo d’accusa per i tre manager deferiti — violazione dell’articolo 1 del Regolamento della Giustizia sportiva della Federciclismo — è chiarissimo e in poche righe fa capire anche il risvolto tecnico, niente affatto secondario, della vicenda. Citracca, Savio e Reverberi rischiano grosso «per aver condizionato il passaggio al professionismo di atleti non sulla base di meriti sportivi acquisiti, gradi di giudizio previsti in questo processo: due federali e l’appello al collegio di garanzia del Coni bensì al reperimento di uno sponsor che garantisse un utile per la società ed in particolare per aver richiesto, per tramite del procuratore x al corridore y un importo in denaro a titolo di sponsorizzazione, quale condizione per il suo ingresso in squadra».
«Ricordo — dice Viviani davanti al Procuratore del Coni — che per Coledan fu una sorpresa sapere che per svincolarsi dalla Bardiani si sarebbe dovuta versare una penale. Anche perché mi disse che percepiva il minimo dello stipendio e nessuno gli aveva detto che per svincolarsi avrebbe dovuto versare una somma di denaro. L’aspetto anomalo era che non risultava indicato in maniera certa e numericamente precisa l’importo di questa cosiddetta penale (…)». Così, nel discusso contratto 2+1, i soldi per liberarsi erano passati dai 10/15 mila euro iniziali, fino a 35/40 mila. Chi ci perde alla fine è soprattutto il ciclismo.