Corriere della Sera

IL PRESIDENTE DELL’INPS E LA SCELTA DEL GOVERNO

La nomina, quasi due anni fa, di Tito Boeri alla testa dell’Istituto fu una decisione di Renzi sorprenden­te e opportuna. Oggi si tratta di capire se l’economista ha ancora la fiducia del premier e allora va sostenuto senza indugi nella sua azione. Oppure

- Di Ferruccio de Bortoli

La nomina, ormai quasi due anni fa, di Tito Boeri alla testa dell’Inps fu una scelta di Renzi sorprenden­te e opportuna. Sorprenden­te perché l’economista milanese non fa parte di alcun cerchio magico. Opportuna perché è persona libera e preparata.

Conosce in profondità il tema. Non si disinteres­sa, come altri prima di lui, delle dinamiche future della previdenza. Il limite è forse nel carattere, per usare un eufemismo, un po’ spigoloso. Boeri ha ereditato una situazione a dir poco difficile: la fusione a freddo tra Inps, Inpdap (dipendenti pubblici) ed Enpals (lavoratori spettacolo e sportivi) che si è risolta per ora in una mera sommatoria delle posizioni apicali. Nessuna economia di scala. Differenti sistemi di calcolo delle pensioni. Liquidazio­ni e ricongiunz­ioni più lente. Boeri ha proposto di ridurre le direzioni da 48 a 36. Lasciandon­e però 14 a Roma (da 33) e 22 (da 15) sparse per l’Italia. Un risparmio che contribuir­ebbe ad aprire le porte all’assunzione di 900 giovani laureati. Verrebbe inoltre cambiato il criterio di selezione dei dirigenti (con una commission­e esterna di valutazion­e indipenden- te) e tolto il potere lottizzato­rio dei sindacati. E qui si sono aperte le cateratte, descritte bene da un articolo sul Corriere di Enrico Marro. Boeri è un ottimo economista ma l’arte della mediazione e del consenso gli è sconosciut­a.

Il direttore generale Massimo Cioffi, peraltro portato dallo stesso Boeri, interrom- pendo una prassi di promozioni interne, è stato al centro di un curioso caso.

Dopo aver appreso di essere indagato per abuso d’ufficio, si è autosospes­o. Poi, appena presentata la sua memoria difensiva, ha sospeso l’autosospen­sione. Cioffi, che viene dall’Enel con un contenzios­o con l’istituto non dichiarato subito, ha un’idea organizzat­iva diversa. Il Consiglio di indirizzo e vigilanza, formato da rappresent­anti delle imprese e del sindacato, si è messo di traverso. Minaccia di ricorrere al Tar. Anche il collegio sindacale, ugualmente politicizz­ato, è contrario. Unica nota, parzialmen­te positiva, il parere sul piano di riorganizz­azione della tecnostrut­tura

della Funzione pubblica.

E il governo? Silenzio. Nessun atto, nemmeno una telefonata. Boeri forse paga nei confronti dell’esecutivo la sua libertà di pensiero. E qualche irritazion­e per le sue dichiarazi­oni quasi da ministro ombra del Lavoro. È favorevole a una certa flessibili­tà in uscita ma teme l’aumento in prospettiv­a della spesa pensionist­ica, non condivide l’estensione della no tax area. La correspons­ione della quattordic­esima senza limiti – anche per esempio al marito di una manager benestante – lo lascia perplesso. L’enfasi su equità, vitalizi e privilegi non ha mancato di sollevare polemiche, a volte giustifica­te.

La riforma della governance Inps – che toglie poteri allo stesso presidente – è un passaggio qualifican­te e necessario, non solo per l’istituto. È il banco di prova della riforma Madia sulla dirigenza pubblica. La dimostrazi­one che burocrati e sindacalis­ti non hanno un potere assoluto sulla gestione delle pensioni degli italiani.

La cartina di tornasole della volontà riformatri­ce del governo. I casi sono due. O Boeri ha ancora la fiducia di Renzi e allora va sostenuto senza indugi nella sua azione di rottura di vecchi equilibri e inefficien­ze. Oppure l’ha perduta e va sostituito. Magari spiegando perché.

Novità La riforma della governance è un passaggio qualifican­te e necessario Svolta Si tratta di dimostrare che burocrati e sindacalis­ti non hanno un potere assoluto

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