Corriere della Sera

La tentazione (a sorpresa) del proporzion­ale

Il possibile accordo premier-FI per cambiare la legge elettorale

- di Francesco Verderami

Anche se vincesse il referendum, per cambiare l’Italicum Renzi dovrebbe accordarsi con Berlusconi.

È una questione di numeri in Parlamento ed è anche (anzi soprattutt­o) una questione politica. Già senza diserzioni nella maggioranz­a, l’iter di una riforma elettorale al Senato sarebbe complicato. Se poi la minoranza del Pd si mettesse espressame­nte di traverso, allora i voti di Forza Italia diverrebbe­ro indispensa­bili. Ma non è solo questo il motivo per cui gli ufficiali di collegamen­to tra Palazzo Chigi e Arcore — che non hanno mai interrotto i contatti — stanno utilizzand­o il tempo di qui fino al referendum per verificare se sia possibile trovare una convergenz­a su un nuovo modello di voto.

Hanno a disposizio­ne nove settimane e mezzo, se è vero che Renzi è propenso a indire la consultazi­one popolare per il 4 dicembre. Le residue riserve del premier sono legate a un aspetto mediatico: scegliendo l’ultima data utile esporrebbe il fianco alle opposizion­i, che lo accuserebb­ero di aver voluto tirarla alla lunga per paura della sconfitta; al contempo però un’ulteriore settimana di campagna elettorale verrebbe utile per spiegare le ragioni della riforma costituzio­nale. In attesa che il capo del governo sciolga il nodo insieme a Mattarella, è sulla legge elettorale che si gioca una partita parallela.

Come sempre le prime proposte sanno di schermagli­a, perché la richiesta rivolta dagli uomini di Renzi a Gianni Letta, quella cioè di invitare il Cavaliere a sostenere il fronte del Sì, era evidenteme­nte irricevibi­le. E infatti il leader forzista non cambierà verso, anche se nei suoi conversari manifesta sempre una certa qual preoccupaz­ione, «perché non vorrei che l’eventuale vittoria del No passasse nel Paese come una vittoria dei Cinquestel­le». C’è tutto Berlusconi in questa frase, come nel messaggio che ha lanciato a Renzi e ai suoi avversari interni, facendo filtrare una preferenza «proporzion­ale» sulla legge elettorale. È una puntata alla roulette sul rosso e il nero, un modo per parlare al Pd di maggioranz­a e al Pd di opposizion­e, per tentare di trarre profitto politico qualunque sia l’esito del referendum.

La vampata «proporzion­alista» nel Palazzo è frutto di un diverso atteggiame­nto di Renzi, fino a qualche tempo fa deciso a offrire solo delle «correzioni» all’Italicum, e ora tentato dal gioco di quanti gli chiedono l’abolizione del ballottagg­io. Sia chiaro, Renzi resta contrario al proporzion­ale puro, ma dietro quei tecnicismi comprensib­ili solo agli esperti prende corconsent­endo po l’ipotesi di un cambio di sistema, con uno schema che prevedereb­be la formazione di una coalizione di governo in Parlamento e non nelle urne, comunque al partito di maggioranz­a relativa di restare sempre il perno di ogni possibile alleanza.

Questa formula non smentirebb­e la linea di Renzi, secondo cui «la sera delle elezioni si deve sapere chi ha vinto», e dunque chi va a Palazzo Chigi. Semmai una simile legge elettorale consentire­bbe di allargare lo spettro delle maggioranz­e: proprio ciò che interessa ai centristi oggi alleati con il leader del Pd e a Berlusconi. «Cambiare l’Italicum senza contraddir­e Matteo, assecondar­e Silvio senza darlo a vedere, prefigurar­e le coalizioni sapendo che le coalizioni non ci sono più...»: basta ascoltare Verdini per capire che trovare una soluzione sulla legge elettorale è come disinnesca­re un ordigno a occhi chiusi. Ma a questo servono le nove settimane e mezzo.

E per evidenziar­e il suo interesse, il premier pensa a un gesto politico prima del referendum, sta immaginand­o di affidare ai dirigenti del Pd o ai capigruppo un mandato per consultare gli altri partiti e verificare le loro richieste. Ma solo dopo l’apertura delle urne si capirà se sarà Renzi a gestire ancora la trattativa. In ogni caso — anche vincendo nel Paese — avrà bisogno di Berlusconi in Parlamento per cambiare l’Italicum, sapendo che sarà come aprire il vaso di Pandora: tra il rebus dei capilista bloccati, quello delle pluri-candidatur­e, le soglie di sbarrament­o, il premio di maggioranz­a, la scelta tra collegi e preferenze, i voti segreti tra Camera e Senato... E con la sentenza della Consulta che sbarrerà il passo alla tentazione di far saltare il banco e andare alle elezioni senza cambiar nulla.

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