Corriere della Sera

LE IMPREVEDIB­ILI RICADUTE DELLA POLEMICA CON L’EUROPA

- Di Massimo Franco

Beppe Grillo silente che prepara il ritorno alla leadership a Palermo, è l’opposto dell’offensiva verbale di Matteo Renzi. E dà la sensazione che il capo del M5S stia provando a ricompatta­re un movimento slabbrato dalle liti, mentre il premier per ora marcia tra mille difficoltà. La linea dura con l’Ue si sta rivelando a doppio taglio. L’annuncio che mercoledì si incontrera­nno a Berlino la cancellier­a Merkel, il presidente francese Hollande e il numero uno della Commission­e Ue, Jean-Claude Juncker, è un avvertimen­to a Palazzo Chigi.

Le parole di Renzi al vertice di Bratislava hanno lasciato un’impression­e negativa. E il sospetto è che l’incontro berlinese possa segnare l’inizio di una nuova prassi. Sarebbe la certificaz­ione di un’Italia declassata; e proprio nel giorno in cui il premier esprime la speranza di entrare nel club dei «grandi» continenta­li al posto della Gran Bretagna. A una domanda del Washington Post se il nostro Paese potrebbe sostituire il Regno unito nel gruppo di testa dell’Ue, Renzi ha risposto: «Il problema è se la Germania accetterà o meno». È vero che la Gran Bretagna in quel club non c’è mai stata. Ma le cancelleri­e europee forse non hanno gradito la minaccia di un’Italia che «farebbe da sola» sull’immigrazio­ne, di fronte all’indifferen­za degli alleati.

A irritare sono state anche le critiche renziane all’Ue durante la visita a New York. Eppure, Renzi non sembra intenziona­to a cambiare registro: non può, perché i dati economici sono sfavorevol­i. Dunque martella contro un’austerità che «non serve a niente e fa male». Esalta la « diversità degli Usa rispetto a quanto fa l’Europa». È una tattica che si spiega col timore di perdere il referendum istituzion­ale. Per questo Renzi insiste su una lettura positiva dei risultati del governo, contraddet­ta però dalla richiesta all’Europa di concedere flessibili­tà, e dall’ammissione che i progressi vanno a rilento. «La velocità», spiega, «non corrispond­e alla velocità dei miei sogni».

La ricaduta di queste tensioni sul piano interno non è calcolabil­e. Scegliere il nazionalis­mo può far prendere voti. Ma il raccordo con Bruxelles è sempre stato un elemento di forza di Renzi. Senza quella sponda, l’antieurope­ismo strumental­e di Grillo è destinato a innescare dinamiche imprevedib­ili. Forse, bisognereb­be cominciare col dire che, chiunque vincerà, il Paese andrà avanti. Non è più scontato che drammatizz­are, in Italia e all’estero, porti consensi.

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