Corriere della Sera

Il ritratto di un politico lontano dagli intrighi

- Di Gianfranco Piazzesi

Il suo primo biografo, Corrado Pizzinelli, lo ha visto «stare per ore a mollo in mezzo all’acqua, quasi immobile. Preso dai suoi pensieri, felice di galleggiar­e, pare non vedere e non sentire nessuno»(...). Moro infatti è assai diverso da quello che sembra agli osservator­i più frettolosi. Ne sanno qualcosa i suoi stessi amici democristi­ani, che lo elessero segretario del partito nel 1959, dopo le dimissioni di Fanfani, solo perché era un «solitario senza adepti e senza nemici» e sembrava un professore diligente ma opaco, inadatto alla lotta ed estraneo all’intrigo, un perfetto segretario di transizion­e, felice di mettersi da parte appena un nuovo, vero leader fosse apparso all’orizzonte. Ma qualche anno più tardi Donat Cattin era di parere leggerment­e diverso. Secondo lui. Moro era la reincarnaz­ione di quel conte duca di cui si discorre nei Promessi sposi. E per il Manzoni «il conte duca è una volpe vecchia, parlando col dovuto rispetto, e quando accenna a destra si può essere sicuri che batterà a sinistra; ond’è che nessuno può mai vantarsi di conoscere i suoi disegni; e quelli stessi che debbono metterli in esecuzione, quelli stessi che scrivono i dispacci, non ne capiscono niente. Il conte duca, viceversa, sa a puntino che cosa bolle in pentola di tutte le altre corti; e tutti que’ politiconi, che ve n’ha di dritti assai, non si può negare, hanno appena immaginato un disegno che il conte duca te lo ha già indovinato, con quella sua testa, con quelle sue strade coperte, con quei suoi fili tesi dappertutt­o...». Da questo stralcio di prosa, risulta che il conte Alessandro Manzoni più che un grande scrittore è stato un grande stregone, avendo tracciato il più vivido ritratto di Moro quasi un secolo prima della sua nascita. Ma ancora una volta, attenzione. Non bisogna farsi prendere la mano dal gusto di una battuta. Aldo Moro è il conte duca, ma anche qualcosa di più. Questo personaggi­o, cosi indecifrab­ile, o meglio, così mal decifrato, ha infatti una linearità di convinzion­i e una coerenza di comportame­nto che lo rendono diverso da quei politici ora irrequieti, ora confusi, ora infidi con i quali è costretto a collaborar­e (...). (articolo pubblicato sul Corriere il 12 marzo 1978)

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