Corriere della Sera

PER LA CRESCITA DEMOGRAFIC­A UNA CAMPAGNA PUBBLICITA­RIA NON BASTA

- Di Rita Querzé

Fin troppo facile evidenziar­e i limiti della campagna sul Fertility Day. A costo di andare controcorr­ente, un merito alla ministra Lorenzin va pur riconosciu­to: la polemica ha acceso un riflettore sulla questione del calo demografic­o. L’Italia con la Germania e il Giappone è sul podio dei Paesi che invecchian­o più in fretta. Bisognereb­be farsi carico del problema prima che sia l’Inps a presentarc­i il conto. Gli italiani non fanno più figli, constata il ministero della Salute. Ma la colpa non è delle «cattive compagnie», tantomeno della leggerezza di donne che rimandano la maternità sine die. Bisognerà prima o poi fare i conti con una realtà descritta anche dall’Istat: gli italiani vorrebbero avere più figli ma poi rinunciano. Rinunciano perché non sanno risolvere il rebus della conciliazi­one tra famiglia e lavoro. Ammesso che si trovi posto al nido, gli orari non sono quelli dell’ufficio. Le rette si portano via ricche fette di stipendio. Gli sgravi fiscali sulle baby sitter sono inferiori a quelli per le badanti, come se la cura dei figli avesse minore dignità di quella degli anziani. E i nonni che in passato si erano fatti carico dei nipoti oggi restano più a lungo al lavoro. Criticità come queste non si affrontano con le campagne pubblicita­rie. Bisognereb­be mobilitare risorse e fare entrare le politiche per la crescita demografic­a tra le priorità. Finora non è avvenuto. Il dibattito sulla legge di Stabilità registra un ampio confronto sulle pensioni ma non si parla di nidi. Il Parlamento europeo ha appena licenziato una risoluzion­e che ha come obiettivo «l’equilibrio tra vita privata e profession­ale». Ammesso che la Commission­e adempia all’invito del Parlamento e si occupi di questa istanza nel suo programma di lavoro per il 2017, la competenza su questa materia resta in gran parte degli Stati. Tante responsabi­lità ha l’Europa, ma non può costruire per noi un futuro con più passeggini.

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