Corriere della Sera

IL BALLETTO DEL DOPO-BREXIT MAY SCONFESSA JOHNSON

- Fabio Cavalera

Prima o poi il balletto finirà e sapremo come e quando Londra deciderà di premere il cosiddetto «grilletto» per la Brexit, ossia l’articolo 50 che apre il negoziato per il divorzio dall’Unione Europea. Al momento quello che si capisce è che nel governo di sua maestà convivono due linee: quella della prudenza sui tempi (la «soft Brexit») di cui è interprete il cancellier­e dello scacchiere Philip Hammond e quella dell’accelerazi­one (la «hard Brexit») di cui sono interpreti i vincitori del referendum di giugno. È una partita politica interna e internazio­nale delicata, per cui gli oscillamen­ti si comprendon­o. Di certo, è anche il trampolino che Boris Johnson, ministro degli Esteri, sta cercando per rilanciars­i dopo lo smacco della defenestra­zione nella corsa alla leadership tory. L’arrembante ex sindaco di Londra non perde occasione per riaffermar­e che all’inizio del 2017 il Regno Unito invierà la lettera con l’avvio delle procedure. Essendo il capo della diplomazia c’è da pensare che parli con cognizione di causa. In verità le sue esternazio­ni non stanno piacendo affatto alla premier Theresa May che rivendica correttame­nte per se stessa la valutazion­e finale. Appare quindi giustifica­ta la severa tirata d’orecchie per il Foreign Office.

La posizione della May è chiara. «Brexit significa Brexit» ha detto, con ciò sgomberand­o il campo da fantasie su possibili ripensamen­ti. Il problema è che gli strappi non servono. L’economia del post referendum ha dato provvisori segnali positivi ma dalla City le grandi banche e i servizi finanziari, che temono di perdere il «passaporto» per le attività nel Continente, suggerisco­no di procedere con cautela. Ecco perché Theresa May sta sondando in prima persona le diverse capitali: vuole capire qual è il punto limite oltre il quale Londra non può spingersi. Posizione saggia. Le trincee vanno preparate per bene. La Brexit è qualcosa di più importante della vanità e delle ambizioni di Boris Johnson. Sarà gennaio o sarò dopo. Ma lo deciderà Theresa May, fatti i calcoli politici giusti e senza scorciatoi­e.

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