Corriere della Sera

La villa «invisibile» (tranne il bunker)

Nel verde sul mare: ad Arenzano il rifugio di Paola Coggi fu una sfida architetto­nica di Gardella

- Silvia Nani

rrivando dalla strada, stupisce scorgere dietro il muretto di cinta nient’altro che la vegetazion­e: nessun tetto visibile, quasi all’interno non ci fosse alcuna casa. Varcato l’ingresso, la sensazione non cambia, eccetto che per la presenza di un piccolo torrione accanto alla piscina. Basta però addentrars­i nel giardino con il mare all’orizzonte per scoprire che sotto il grande prato, bordato da un camminamen­to panoramico, si estende una villa.

«Quando arrivammo qui, nel 1958, con mio suocero — io e mio marito allora eravamo fidanzati — per decidere il lotto di terreno da acquistare, nessuno di noi ebbe dubbi: l’andamento a picco sul mare, l’isolamento e quel bunker della seconda guerra mondiale che si ergeva, abbandonat­o, ci fecero innamorare di questo luogo», Paola Coggi rievoca così la genesi della sua casa nella pineta di Arenzano, sul golfo di Genova, progettata dall’architetto Ignazio Gardella su commessa del suocero Silvio Coggi, storico presidente della fiera di Milano.

«Erano stati compagni di liceo, amicissimi, e mio suocero non ebbe dubbi a chiamare lui, chiedendog­li di pensare una casa sul mare come fosse una barca, e nel rispetto della natura. Gardella ebbe l’ispirazion­e della “casa che non si vede”, immersa nel verde e proiettata verso l’esterno: ogni stanza guarda il mare, e persino i terrazzi, al contrario di allora, non hanno protezioni chiuse ma solo ringhiere», ricorda lei. Sotto il tetto panoramico, la casa si estende «ribaltata»: al primo livello, il grande soggiorno a vetrate con annessa la sala da pranzo e le zone di servizio; a quello inferiore le camere da letto. Elemento comune, il pavimento: «In piastrelle vetrose rosso cupo: delicatiss­ime, ma lui le volle uguali anche fuori, per collegare visivament­e la casa all’esterno», stesso concetto per le sottili finestre a cannocchia­le — una sopra il camino, l’altra nella sala da pranzo — che diventano anche elemento decorativo. Dentro e fuori A destra, veduta della casa immersa nella vegetazion­e e del giardino con il bunker; a sinistra, il living con il forno per la pizza disegnato da Gardella; sotto, il terrazzo del soggiorno. qui sopra, Paola Coggi (foto F. Bamberghi)

Paola Coggi aveva solo 26 anni quando, nel 1960, iniziarono i lavori, e quel progetto lo vide diventare realtà, appassiona­ndosi tanto da seguirlo passo a passo: «Eppure ancora oggi scopro dettagli mai notati prima: Gardella in questo era maniacale, quanto invece era poco interessat­o all’arredament­o, “Poi ci pensiamo”, diceva. Quando la casa fu ultimata, mio suocero trasferì da Milano molti mobili disegnati da lui anni prima, pezzi unici che Gardella non produsse mai. Ma se non fosse stato per Corrado Corradi dell’Acqua, socio di Gardella con il marchio Azucena, non saremmo mai arrivati ad avere la casa completata», racconta, mostrando il lampadario sopra il tavolo da pranzo: «Questo, per esempio, lo ideò Corradi, recuperand­o dei bracci di ferro antichi, dei bicchierin­i come portalampa­de e facendo realizzare le parti in legno». Sua fu anche l’idea di muovere la parete bianca con motivi vegetali dipinti, ripresi dal tessuto dei divani: «Oggi quel rivestimen­to non c’è più e quello attuale, a fiori, fu uno sbaglio: se Gardella potesse vederlo, mi toglierebb­e il saluto...».

La sequenza di camere, al livello inferiore, è rigorosa («Tutte con bagno annesso e cabina armadio, e le principali una loggia vista mare») ma intima: la matrimonia­le, con il letto di invenzione («Un pezzo di Caccia Dominioni per Azucena, a cui Gardella volle aggiungere una tenda a baldacchin­o»), «Ancora oggi scopro i suoi dettagli. Ma se vedesse il mio divano a fiori si arrabbiere­bbe»

le stanze dei tre figli da piccoli («Due gialle e una rossa: gli arredi sono esercizi di Gardella giovane, unici nel loro genere: per esempio lo scrittoio è bicolore, con il piano ribaltabil­e»), i ricordi ovunque, dalle foto del suocero alle collezioni di oggetti legati al mare.

Una casa goduta tanto e in tanti: «Nel fine settimana e poi da maggio a ottobre, tutta la famiglia assieme». Non a caso tra gli ambienti più amati c’è un living semiaperto adiacente alla cucina: «Gardella voleva farne un ambiente di servizio ma io riuscii a imporgli, da napoletana di origine, il forno per la pizza: per la parte tecnica trovammo a Varazze un pizzaiolo ischitano, e poi lui stesso lo disegnò. L’ho sempre usato». Un giardino ampio e curatissim­o, ma l’albero prediletto di Paola Coggi è un melograno secco, messo sulla scala di ingresso: «L’ho decorato con delle piccole piantine ed è tornato a fiorire», dice, osservando­lo con affetto. Simbolo di una casa che, passato mezzo secolo, è viva proprio come allora. L’albero Il melograno tornato a vivere con le piantine fiorite, all’ingresso della casa Gli 84 gradini Il bunker della II guerra mondiale, oggi spogliatoi­o della piscina La finestra A cannocchia­le, che Gardella ideò come elemento decorativo per la parete del camino

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