Aumento di capitale Montepaschi, l’opzione dei fondi del Qatar
I contatti con il governo italiano e l’interesse (sfumato) della francese Bnp
Più passano le settimane, più diventa chiaro che per Monte dei Paschi non sarà facile trovare sul mercato i cinque miliardi di euro di cui ha bisogno entro pochi mesi. Per la banca di Siena però non si sono chiuse tutte le porte: di recente un ristretto gruppo di investitori legati al governo del Qatar ha preso forma come nucleo di base attorno al quale l’aumento di capitale della banca potrebbe essere lanciato nel 2017.
L’apertura dal Golfo è una nota incoraggiante per Mps, che in estate ha registrato i risultati più deboli del continente nelle «prove da sforzo» dell’Autorità bancaria europea e da allora a cambiato amministratore delegato e presidente. Per il momento l’interesse del Qatar non sembra sufficiente da solo a garantire che vada in porto un’operazione interamente eseguita sul mercato. Sarebbero però quattro le entità disposte all’investimento dal Qatar (e in parte forse anche da un altro Paese del Golfo), in un intervento strettamente coordinato: i quattro investitori sarebbero disposti a comprare quattro lotti da 250 milioni di euro ciascuno delle azioni di nuova emissione di Montepaschi. Il loro contributo coprirebbe dunque uno dei cinque miliardi di nuovo capitale che oggi, secondo i regolatori europei, sono necessari per garantire che la banca continui a operare in continuità aziendale.
Per coprire parte della somma rimanente il governo italiano, primo azionista di Mps con il 4%, pensa a offrire l’opzione della conversione in azioni delle obbligazioni subordinate in mano a investitori istituzionali come fondi pensioni e assicurazione. Se tutti questi soggetti accettassero, la banca troverebbe altri due miliardi di capitale. Ad oggi però sembra più probabile che il contributo da questa fonte non superi quota 1,2 miliardi di euro: non tutti gli investitori istituzionali sarebbero disposti a convertire subito i loro bond in azioni, con la forte diluizione di valore che ne risulterebbe. Alcuni potrebbero provare a proteggere le proprie cedole ad alto rendimento, sapendo che nel peggiore dei casi la conversione arriverebbe comunque nel caso in cui l’aumento di capitale di Mps sul mercato non funzionasse e lo Stato dovesse intervenire.
Anche per questo, non è escluso che nei prossimi mesi venga sollecitata anche la conversione volontaria delle obbligazioni subordinate in mano ad alcuni dei risparmiatori: in particolare, i molti fra questi che detengono patrimoni particolarmente elevati.
Nel frattempo il Qatar si profila come l’investitore-ancora attorno al quale il consorzio di banche guidato dall’americana Jp Morgan cercherà nuovi possibili azionisti per Monte dei Paschi. I contatti con l’emirato in questi mesi sarebbero stati tenuti da Palazzo Chigi e dai suoi emissari, anche perché il fondo sovrano di Doha ha già numerose partite aperte con l’Italia: attraverso Qatar Holding, è impegnato in una joint-venture con capitale fino a due miliardi con il Fondo strategico italiano della Cassa depositi e prestiti (controllata dal ministero dell’Economia); società pubbliche del Qatar hanno poi acquisito la casa di moda Valentino per 700 milioni, sono impegnati nell’area di Porta Nuova a Milano e detengono importanti proprietà immobiliari a Roma e in Costa Smeralda.
Il Qatar si profila così come un investitore strategico per l’Italia, anche se non sembra ancora sicuro che i colloqui su Monte dei Paschi sfocino comunque in un impegno concreto: i potenziali azionisti di Siena vorranno valutare il risultato del referendum costituzionale delle prossime settimane e soprattutto il quadro politico che ne emergerà.
Non è vero in ogni caso che Siena non ha riscosso negli ultimi mesi alcun interesse per un’acquisizione in blocco. Un sondaggio è stato tentato da Bnp Paribas, secondo due persone con una diretta conoscenza del dossier, ma legato a due presupposti: un taglio del numero di dipendenti di Siena di circa diecimila dai 25.700 attuali, e la garanzia di poter evitare aumenti di capitale della nuova entità dopo la fusione. Il governo italiano si è dimostrato freddo sulla prima condizione, mentre la Banca centrale europea lo sarebbe stato sulla seconda.
Non è sfuggito però al mercato un apparente paradosso: la parte fissa del compenso annuale di Jean-Laurent Bonnafé, direttore generale e amministratore delegato Bnp Paribas (1,25 milioni), è ad oggi più bassa di quella del suo collega di Mps Marco Morelli (1,86 milioni). Questo sembra in contrasto con il fatto che Bnp è la prima banca europea per dimensioni e per solidità, mentre Mps è otto volte più piccola, resta fragile, chiede capitali ai mercati globali e il suo primo socio oggi è lo Stato italiano.
La partecipazione Il Tesoro è attualmente il primo azionista di Mps con il 4% del capitale