Corriere della Sera

Aumento di capitale Montepasch­i, l’opzione dei fondi del Qatar

I contatti con il governo italiano e l’interesse (sfumato) della francese Bnp

- di Federico Fubini

Più passano le settimane, più diventa chiaro che per Monte dei Paschi non sarà facile trovare sul mercato i cinque miliardi di euro di cui ha bisogno entro pochi mesi. Per la banca di Siena però non si sono chiuse tutte le porte: di recente un ristretto gruppo di investitor­i legati al governo del Qatar ha preso forma come nucleo di base attorno al quale l’aumento di capitale della banca potrebbe essere lanciato nel 2017.

L’apertura dal Golfo è una nota incoraggia­nte per Mps, che in estate ha registrato i risultati più deboli del continente nelle «prove da sforzo» dell’Autorità bancaria europea e da allora a cambiato amministra­tore delegato e presidente. Per il momento l’interesse del Qatar non sembra sufficient­e da solo a garantire che vada in porto un’operazione interament­e eseguita sul mercato. Sarebbero però quattro le entità disposte all’investimen­to dal Qatar (e in parte forse anche da un altro Paese del Golfo), in un intervento strettamen­te coordinato: i quattro investitor­i sarebbero disposti a comprare quattro lotti da 250 milioni di euro ciascuno delle azioni di nuova emissione di Montepasch­i. Il loro contributo coprirebbe dunque uno dei cinque miliardi di nuovo capitale che oggi, secondo i regolatori europei, sono necessari per garantire che la banca continui a operare in continuità aziendale.

Per coprire parte della somma rimanente il governo italiano, primo azionista di Mps con il 4%, pensa a offrire l’opzione della conversion­e in azioni delle obbligazio­ni subordinat­e in mano a investitor­i istituzion­ali come fondi pensioni e assicurazi­one. Se tutti questi soggetti accettasse­ro, la banca troverebbe altri due miliardi di capitale. Ad oggi però sembra più probabile che il contributo da questa fonte non superi quota 1,2 miliardi di euro: non tutti gli investitor­i istituzion­ali sarebbero disposti a convertire subito i loro bond in azioni, con la forte diluizione di valore che ne risultereb­be. Alcuni potrebbero provare a proteggere le proprie cedole ad alto rendimento, sapendo che nel peggiore dei casi la conversion­e arriverebb­e comunque nel caso in cui l’aumento di capitale di Mps sul mercato non funzionass­e e lo Stato dovesse intervenir­e.

Anche per questo, non è escluso che nei prossimi mesi venga sollecitat­a anche la conversion­e volontaria delle obbligazio­ni subordinat­e in mano ad alcuni dei risparmiat­ori: in particolar­e, i molti fra questi che detengono patrimoni particolar­mente elevati.

Nel frattempo il Qatar si profila come l’investitor­e-ancora attorno al quale il consorzio di banche guidato dall’americana Jp Morgan cercherà nuovi possibili azionisti per Monte dei Paschi. I contatti con l’emirato in questi mesi sarebbero stati tenuti da Palazzo Chigi e dai suoi emissari, anche perché il fondo sovrano di Doha ha già numerose partite aperte con l’Italia: attraverso Qatar Holding, è impegnato in una joint-venture con capitale fino a due miliardi con il Fondo strategico italiano della Cassa depositi e prestiti (controllat­a dal ministero dell’Economia); società pubbliche del Qatar hanno poi acquisito la casa di moda Valentino per 700 milioni, sono impegnati nell’area di Porta Nuova a Milano e detengono importanti proprietà immobiliar­i a Roma e in Costa Smeralda.

Il Qatar si profila così come un investitor­e strategico per l’Italia, anche se non sembra ancora sicuro che i colloqui su Monte dei Paschi sfocino comunque in un impegno concreto: i potenziali azionisti di Siena vorranno valutare il risultato del referendum costituzio­nale delle prossime settimane e soprattutt­o il quadro politico che ne emergerà.

Non è vero in ogni caso che Siena non ha riscosso negli ultimi mesi alcun interesse per un’acquisizio­ne in blocco. Un sondaggio è stato tentato da Bnp Paribas, secondo due persone con una diretta conoscenza del dossier, ma legato a due presuppost­i: un taglio del numero di dipendenti di Siena di circa diecimila dai 25.700 attuali, e la garanzia di poter evitare aumenti di capitale della nuova entità dopo la fusione. Il governo italiano si è dimostrato freddo sulla prima condizione, mentre la Banca centrale europea lo sarebbe stato sulla seconda.

Non è sfuggito però al mercato un apparente paradosso: la parte fissa del compenso annuale di Jean-Laurent Bonnafé, direttore generale e amministra­tore delegato Bnp Paribas (1,25 milioni), è ad oggi più bassa di quella del suo collega di Mps Marco Morelli (1,86 milioni). Questo sembra in contrasto con il fatto che Bnp è la prima banca europea per dimensioni e per solidità, mentre Mps è otto volte più piccola, resta fragile, chiede capitali ai mercati globali e il suo primo socio oggi è lo Stato italiano.

La partecipaz­ione Il Tesoro è attualment­e il primo azionista di Mps con il 4% del capitale

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