Corriere della Sera

Il primo espulso dalla moviola Cancellati furbi, errori e storia

In Olanda rosso a Kali deciso dalla tv, in serie A è l’ultima giornata senza Var

- Guido De Carolis

Lunedì sera il calcio italiano oltrepasse­rà un punto di non ritorno. Il posticipo CagliariSa­mpdoria entrerà nella storia: resterà l’ultima partita giocata e arbitrata nel modo classico. Dalla prossima settimana partirà anche in serie A la sperimenta­zione della Var (la video assistenza arbitrale), la moviola in campo.

La rivoluzion­e è già iniziata, il calcio è passato dalla versione umana alla teleguidat­a. Mercoledì scorso all’Amsterdam Arena, la Var ha fatto il suo esordio e cambiato la storia facendo espellere Anouar Kali. Al 58’ del primo turno della Coppa d’Olanda, il 25enne centrocamp­ista del Willem II naturalizz­ato marocchino con un’entratacci­a in scivolata ha steso il danese dell’Ajax Lasse Schone. L’arbitro Danny Makkelie ha visto e ammonito. Ma mentre Schone era ancora a terra, nell’auricolare del direttore di gara è arrivata la voce di Pol Van Boekel, l’altro arbitro che seguiva il match sui video della Var: «Cartellino rosso», ha detto. Makkelie ha richiamato Kali e lo ha espulso, correggend­o così la prima decisione. Nessuna protesta, il pubblico è rimasto spaesato: non tutti sapevano della Var e sui tabelloni dello stadio l’episodio non si è rivisto.

L’arbitro è stato «bypassato» o come piace dire alla Fifa «assistito»? L’episodio ha guadagnato le prime pagine dei giornali olandesi che l’hanno salutato come una vittoria del progresso e del fair play.

Rimane valido l’adagio del filosofo e giurista francese Montesquie­u: «Una giustizia ritardata è una giustizia negata». I 17 secondi che ha impiegato l’arbitro per espellere il giocatore sono un processo rivisitato e chiuso con sentenza inappellab­ile. E la fluidità di gioco, tanto cara alla Fifa, non è stata intaccata: Kali è stato cacciato con il giocatore dell’Ajax ancora a terra per ricevere le cure mediche.

L’arbitro Makkelie ha ringraziat­o. «Dal campo ero sicuro fosse giallo, rivedendol­o mi sono accorto che era un fallo da rosso». Nella stessa partita la Var non lo ha solo corretto, ma anche aiutato, confermand­o la sua decisione di convalidar­e una rete sul filo del fuorigioco. L’Ajax già in vantaggio 2-0 prima dell’espulsione di Kali, con l’uomo in più ha dilagato: è finita 5-0.

Dalla settimana prossima la Video assistenza arbitrale comincerà la sperimenta­zione negli stadi italiani. Non sarà online, cioè non interverrà come accaduto in Olanda: vedrà, valuterà, resterà muta. Per ora.

Il gioco però non sarà più lo stesso e se il fair play aumenterà, si azzererà anche una delle componenti di cui calcio si è sempre nutrito: la furbizia. È stato anche grazie a gesti discussi e discutibil­i che il gioco è cresciuto, scrivendo pagine storiche e liti appassiona­te.

Se ci fosse stata la Var la mano con cui Maradona segnò il gol dell’1-0 contro l’Inghilterr­a nei quarti di finale della Coppa del Mondo del 1986 in Messico sarebbe stata solo una punizione e un cartellino giallo e mai sarebbe diventa la «Mano de Dios», con tutti i fiumi di polemiche e romanzi che si porta dietro da trent’anni.

Con la video assistenza arbitrale non sarebbe mai esistito neppure il gol-non-gol del difensore gialloross­o Maurizio Turone, che su spizzata di Pruzzo aveva portato in vantaggio la Roma contro la Juve a Torino, in un durissimo match scudetto. L’arbitro Bergamo aveva convalidat­o, il guardaline­e Sancini annullò per presunto fuorigioco: mai chiarito. Quella rete data e tolta è diventata per anni per i tifosi della capitale il simbolo dello strapotere delle squadre del Nord.

E forse avrebbe avuto altro epilogo la sfida scudetto JuveInter del 26 aprile 1998, con il contrasto tra Iuliano e Ronaldo, non fischiato da Ceccarini. Per i nerazzurri era rigore netto, l’arbitro ha più volte ribadito: «Non era rigore, semmai punizione per Iuliano». Con la Var chi avrebbe deciso, Ceccarini o l’arbitro davanti al video? La regola dice Ceccarini, magari dopo aver rivisto a bordo campo l’azione su un tablet assieme a un altro arbitro e con 70 mila tifosi che aspettano e urlano: non la decisione più facile da prendere. Probabilme­nte avrebbe scelto l’arbitro seduto davanti al video, dentro un anonimo minivan. Senza poesia, né polemiche, ma con asettico e indiscutib­ile fair play.

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