Vendita del Milan, nuove accuse dalla Cina «Falsa una lettera bancaria». Ma Fininvest: «Stillicidio di rumor, solidità verificata»
Stessa provenienza (la Cina), stesso periodo di riferimento (aprile), stesse accuse, potenzialmente molto gravi: documenti falsi presentati come garanzie nel corso della trattativa per acquisire il Milan. Prima un estratto conto della Bank of Jiangsu rivelato da Bloomberg (sede in Cina, non Usa), ora una lettera di presentazione della Bank of Dongguan che si dice pronta a finanziare l’operazione, di cui ha parlato il sito cinese Caixin. Entrambi definiti falsi dagli istituti di credito interpellati. Infine, stessa reazione da parte di Fininvest e del consorzio Sino Europe: anzi no, i toni si fanno più duri, se è vero che la holding della famiglia Berlusconi parla di «stillicidio di rumor» e il consorzio cinese dichiara «fermamente che ogni speculazione è infondata e che sta valutando di avviare le opportune azioni legali».
Che sta succedendo attorno al Milan? Che ci sia in atto una guerra tra la cordata perdente Il closing resta fissato per metà novembre, gli investitori sono nove La guerra tra le cordate di Sonny Wu e Steven Zheng e quella che ora ha le redini, guidata da Yonghong Li, è piuttosto evidente. E nessuno si aspetta che questa sia l’ultima puntata (pare che ci siano altri documenti, pescati nella miriade di faldoni inviati nei mesi scorsi, alcuni in cinese, pronti a essere pubblicati). Quelli portati alla luce risalgono ad aprile (sono datati 25 e 26), quando gli advisor dei cinesi erano diversi (Gancikoff-Galatioto) e lo stato della trattativa lontano dalla firma del preliminare. Tutti i protagonisti attuali negano che i documenti citati siano serviti per il contratto, così come le due banche in questione Il rigore Era il 26 aprile 1998 e al Delle Alpi si giocava Juventus-Inter. L’arbitro Ceccarini di Livorno non fischiò un rigore per il contatto tra Iuliano e Ronaldo (Omega) Capofila Yonghong Li guida il fondo che vuole comprare il Milan non hanno partecipato all’operazione che ha portato a pagare i 100 milioni di caparra. Questo resta l’unico fatto certo su cui si basa Fininvest, che ieri si è detta «costretta a ribadire con forza» di aver verificato attraverso i propri advisor la solidità finanziaria degli acquirenti presso istituzioni finanziarie e operatori cinesi e internazionali». Che, si spera, non si siano fatti ingannare da documenti patacca. Il lavoro, intanto, prosegue: il closing resta fissato per il 15 novembre, gli investitori del fondo sono nove.
Il lavoro prosegue