All’appello manca solo il Dovi «Me lo ricordano tutti, ci provo»
Dopo otto vincitori diversi il favorito sembra lui: «Sono il primo a volerlo»
Questa storia è la metafora di una carriera. Comincia giovedì con la domanda di un giornalista a Marquez, Rossi, Lorenzo e Pedrosa: dopo otto vincitori diversi nelle ultime otto gare, secondo voi chi potrebbe essere il nono? Risposta: «Dovizioso», «Dovizioso», «Dovizioso», «Dovizioso». L’esito bulgaro si fonda su un ragionamento che diremmo da bar non fosse che lo fanno i quattro più forti della compagnia: in questa MotoGp impazzita come una maionese, dove ha vinto anche gente tipo Miller e Crutchlow, è incredibile che non ce l’abbia ancora fatta il forlivese, unanimemente riconosciuto come uno dei piloti più bravi, seri e preparati del Circus. E così, quasi per sillogismo, ecco la conclusione: deve succedere che il Dovi vinca prima o poi. Magari già qui in Aragona.
Ora, se si vuole che un evento accada, questo è il modo migliore per procrastinarlo. E infatti l’interessato è perplesso: «Da un lato questa stima mi fa piacere, ma dall’altro mi mette un bel po’ di pressione». Un mix di dovere e di senso di colpa che lo induce a una riflessione vagamente mouriniana: «Io sono il primo a volerlo. Ma a sentirselo ripetere così è un po’ come se mi dicessero “non hai ancora vinto? Sei un pirla”».
E invece il ragazzo non è per niente un pirla. Tutto questo però è una metafora, appunto. Quella di una carriera incompiuta, molte volte a un passo dall’esplosione e tuttavia, a 30 anni, ancora nel limbo. Un
Mondiale Dovi lo ha conquistato sì, in 125 nel 2004, ed è stato il suo vertice. In MotoGp invece ha vinto solo una gara nel 2009 sotto la pioggia di Donington, poi sono seguiti 31 podi fra Honda e Ducati senza mai il botto. Nel 2015 con tre secondi posti in avvio sembrava pronto persino per puntare al titolo, ma diversi guasti lo hanno rallentato e innervosito.
Quest’anno è partito con un secondo posto in Qatar, poi ha mancato due chance: in Olanda è caduto, da secondo, sotto la pioggia; in Austria Iannone ha azzardato la gomma giusta e lo ha fregato, prendendosi lui il
primo successo della Rossa dopo sei anni. Una beffa, ma Dovi non ha drammatizzato: «La vittoria arriva solo dopo tanto lavoro». Al «carpe diem» preferisce da sempre il graduale processo di crescita e questo non sempre nello sport funziona. Andrea — uomo di polso ma anche di testa, che in passato ha lavorato pure con uno psicologo «scoprendo cose di me che non sapevo e cogliendo i miei limiti» — è il primo ad ammetterlo: «Lo so, a volte pensare meno sarebbe un vantaggio...». Ma, anche se non dev’essere bello vedere gli avventizi saltare la coda e prendersi a sorpresa la
gloria che lui meriterebbe da tempo, Dovi non si cambierebbe con nessuno, men che meno con Iannone, il suo opposto in tutto: «Oggi o sei estremo o non sei nessuno. Io invece ho voluto seguire la mia natura di persona normale». Forse anche per questo la Ducati, dovendo scegliere il compagno di Lorenzo nel 2017, a maggio ha puntato su di lui. «Una soddisfazione enorme». E una meritata vittoria morale. Adesso manca solo quella vera. Più che un dovere per Dovizioso, un atto di giustizia per la MotoGp.