Corriere della Sera

Le nuove vie tra le vette (dove i muri si superano)

Un percorso di 90 km tra i rifugi dei due Paesi

- Di Andrea Pasqualett­o

Mentre la rete anti-migranti del Brennero spuntava all’orizzonte, i gestori di rifugi e le guide alpine mettevano insieme le forze per un progetto in senso opposto, che unisse Austria e Italia: un circuito di circa 90 chilometri chiamato «Dolomiti senza confini»: dalla valle di Gail, nel Tirolo orientale, fino alle Tre Cime di Lavaredo.

Ponti, non muri, dicono. Oltre ogni politica, oltre ogni confine, oltre la natura stessa che lassù è sì straordina­ria ma anche impervia, slegata, spesso impraticab­ile. Ma è proprio fra le cime dolomitich­e che nasce una risposta alle barriere d’Europa. Mentre la rete del Brennero spuntava all’orizzonte, i gestori di rifugi e le guide alpine mettevano infatti insieme le forze per cercare di realizzare dal basso un progetto che andasse in senso opposto, che unisse Austria e Italia.

Si tratta di un circuito lungo circa novanta chilometri che hanno chiamato «Dolomiti senza confini» e si snoda fra le vette austriache della valle di Gail, nel Tirolo orientale, per poi varcare il confine, toccare le crode dell’Alta Val Pusteria e dell’Alto Bellunese, fino a lambire le Tre Cime di Lavaredo. Collegherà due Stati, tre regioni, tredici rifugi d’alta quota, tre malghe e dodici vie ferrate, alcune da mettere a punto, altre già pronte. Costo dell’opera: 200 mila euro, che dovrebbero arrivare proprio dall’Europa dei progetti di cooperazio­ne e che vede coinvolte le Comunità montane di Centro Cadore e del Comelico, competenti a decidere sui sentieri e le strade ferrate, oltre al Consorzio turistico di Sesto, al comune di Kartitsch (Lienz) e all’Alpenverei­n Österreich, il club alpino austriaco.

La data prevista per il taglio

Al Carducci Bepi Monti: «Le nostre montagne non devono essere una barriera ma un punto d’incontro» La durata L’itinerario si completa in una settimana, ma sono possibili anche escursioni più brevi

del nastro, giugno 2018, non è casuale. Saranno cent’anni dalla fine della Grande guerra che ha visto queste montagne teatro di cruenti battaglie. Da una parte il fronte italiano, dall’altra i soldati dell’impero austro-ungarico. In mezzo, le cime dolomitich­e diventate per l’occasione barriere naturali e postazioni militari, oggetto di opere di ingegneria «rocciosa», cunicoli, gallerie, percorsi attrezzati. Dalle Tre Cime al monte Cavallino passando per il Popera e la Cima Undici, fu una vasta zona strategica che ha vissuto massacri, dolore, congelamen­ti, follie. E che l’Unesco ha in tempi recenti dichiarato per la sua bellezza patrimonio dell’Umanità. «Pensiamo che le nostre montagne non debbano più costituire una barriera, che possano diventare un punto di incontro e di amicizia tra i popoli, in un periodo storico in cui si tende a dividersi. Vogliamo una grandiosa Alta Via dolomitica, un percorso alpinistic­o di pace sui luoghi della guerra e vicino ai nuovi muri», dice facendo vibrare la barba bianca Bepi Monti, sessantott­enne gestore del rifugio Carducci (2.297 metri) con un passato di gestore della Piramide del Cnr vicino al campo base dell’Everest, Nepal. È lui l’ideatore dell’itinerario che richiede circa una settimana per

essere completato. «Ma è possibile anche fare escursioni di due o tre giorni», precisa Lio De Nes, guida alpina di Auronzo, anche lui immerso nel progetto. Sono previste quattro porte d’ingresso: da Kartitsch, da Sesto Pusteria, dalle Tre Cime e dalla Val Comelico.

Lo scopo è dunque unire, sottolinea­no, ma è anche turistico. «Abbiamo la forza per diventare un’autentica attrazione alpinistic­a, dove gli appassiona­ti di montagna di qualsiasi nazionalit­à potranno incontrars­i». Monti ci aggiunge un po’ di poesia: «Fra gli alti sentieri l’amicizia fiorisce più in fretta, ha i colori dell’arcobaleno e profuma di futuro». Prima però servono interventi per la messa in sicurezza e il mantenimen­to delle vie. C’è bisogno di un rifaciment­o della ferrata del Zandonella, di sistemare quella del Cengia dove il canale finale è troppo a rischio e anche il Monte Paterno non è tutta praticabil­e.

A valle spunta già chi maligna con ironia: «Così i migranti del Brennero passeranno di là». Monti sorride: «Con una canottiera e un paio di ciabatte, purtroppo, l’attraversa­mento non è facile. Ma se hanno il kit da ferrata per me non ci sono problemi».

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 ??  ?? Ponti I ponti e alcuni passaggi della ferrata sulla Croda dei Toni (foto: Nicola Bombassei e Manni Kostner)
Ponti I ponti e alcuni passaggi della ferrata sulla Croda dei Toni (foto: Nicola Bombassei e Manni Kostner)
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