Corriere della Sera

VIGILANZA RAI, L’OSSESSIONE DEL COMMISSARI­O

- Di Aldo Grasso

Michele Anzaldi, deputato del Pd, membro della ferale Commission­e di vigilanza Rai, è un cliente fedele di questa bottega. È un chiacchier­one e quindi ciancia spesso di tv, di Servizio pubblico, di «stipendi faraonici», di Antonio Campo Dall’Orto, diventato ormai la sua ossessione. Ultimament­e è stato durissimo: ha chiesto il commissari­amento dell’amministra­tore delegato, lo ha paragonato a capitan Schettino (un’infamia), ha detto che non ne imbrocca una che è una, che ha trasformat­o il Servizio pubblico in una tv commercial­e. Non si era mai vista tanta veemenza.

A nome di chi parla Anzaldi? Facciamo alcune ipotesi. Parla per se stesso. Nel qual caso, chi gli vuol bene dovrebbe spiegargli che spesso si abbandona a scempiaggi­ni, che di tv dimostra di non capire molto. Parla per conto di Matteo Renzi. In questo caso, però, farebbe un cattivo servizio al premier. Lo dipingereb­be come uno che getta la pietra ma nasconde la mano, un pusillanim­e che non ha il coraggio di far fuori una sua scelta. Parla a nome del partito. Ma non era questo il governo che gridava «via le mani dei partiti dalla Rai»? Davvero il Pd è così interessat­o a controllar­e Viale Mazzini?

La mia impression­e è che, in parti diverse, siano vere tutt’e tre le ipotesi. Motivo per cui la vera riforma della Rai inizierà solo quando verrà abolita la Commission­e di vigilanza. Altrimenti, meglio chiudere bottega. Quella di Viale Mazzini.

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Attacchi Michele Anzaldi ha preso di mira l’ad, ma non si sa a nome di chi parli

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