Ricostruzione e reputazione: ultima chiamata
Il monito del vescovo di Rieti, monsignor Domenico Pompili, nell’omelia di ieri — «la ricostruzione non sia deviata da altri interessi» — ha dato forma verbale a un’ansia che tutti cercano di negare ma che pesa sul cuore di ciascuno: la ricostruzione è per noi italiani l’ultimo appello.
on semplicità, e dunque con grande efficacia, il vescovo di Rieti ieri ha ammonito: «La ricostruzione non sia deviata da altri interessi». In tutte le trame, lo scenario da incubo è il più duro da evocare: così va riconosciuto a monsignor Pompili di avere detto pane al pane, dando nella sua omelia forma verbale a un’ansia che tutti cercano di negare ma che pesa sul cuore di ciascuno.
Questa ricostruzione, che dovrà far rinascere i borghi devastati dal sisma del 24 agosto, è per noi italiani l’ultimo appello: anche di fronte all’Europa, alla quale ci accingiamo a chiedere contributi e agevolazioni una volta quantificato un danno che Vasco Errani fissa «in via provvisionale» in oltre 4 miliardi. A un mese esatto dal terremoto, esaurita con successo l’emergenza a breve termine, il governo ha messo le carte sul tavolo, non solo con le stime del commissario Errani, ma anche tracciando un quadro chiaro del medio termine. Gli incentivi e la white list per le imprese, la sterilizzazione del patto di Stabilità per le aree interne di almeno cinque comprensori, l’assunzione in deroga di personale in una struttura amministrativa ad hoc che tenga insieme Regioni e Comuni: tutto verrà puntualizzato nel decreto atteso per il 3 ottobre.
Il timore che si materializzino gli «altri interessi» paventati dal vescovo di Rieti è tuttavia assai visibile (e comprensibile) nel continuo (e quasi ossessivo) richiamo alla collaborazione con l’Anac di Raffaele Cantone, che assume vieppiù — nell’uso dialettico che ne fa la politica — i connotati d’una sorta di salvacondotto di onestà in un mondo di losco affarismo.
In effetti non c’è da essere ottimisti almeno a rileggere la storia delle recenti ricostruzioni post-sisma, L’Aquila in testa, passando per la pur virtuosa Emilia e risalendo fino all’Irpinia che fu il primo vero salto manageriale della criminalità organizzata: decine di inchieste, appalti opachi, infiltrazioni mafiose, sconcertanti intercettazioni tra profittatori che ridono mentre muri e morte cadono sulla povera gente, cricche che si scambiano mazzette nella certezza di arrivare, alla peggio, a una generosa prescrizione. Beh, diciamolo qui e ora: stavolta tutto questo non deve succedere, non possiamo
NUOVI SCENARI
permetterci di sbagliare. La ricostruzione del dopo 24 agosto, le sue modalità e soprattutto l’assenza di gravami giudiziari (almeno per il periodo successivo al sisma) saranno elementi che definiranno noi italiani nel contesto europeo e il governo Renzi di fronte a noi italiani.
Il presidente del Consiglio, con un’attitudine che in fondo lo caratterizza, s’è portato molto oltre il problema contingente: con la buona idea di Casa Italia, un approccio nuovo per la manutenzione straordinaria di un territorio nazionale ad alto rischio sismico, con una regia affidata a personalità indiscusse come il rettore del Politecnico di Milano, Giovanni Azzone. Ma se, come osserva Oscar Giannino sul Messaggero, la sfida di domani è riprogettare l’intero Paese, quella dell’oggi si gioca negli uffici della burocrazia locale e sulle scrivanie dei costruttori, e consiste nell’impedire che le solite gang di malfattori tornino a portarsi via pezzi del Paese con la scusa di ricostruirlo. Sui 4 miliardi in gioco si muoveranno appetiti formidabili. Avere accesso o meno alle deroghe fiscali, gestire o meno assunzioni resteranno — sempre ammesso che Cantone riesca a disinfettare il campo degli appalti — grosse partite di potere e di danaro. La sfida è gigantesca, perché queste partite le ha sempre giocate «l’Italia peggiore»:
Sotto la lente
L’assenza di gravami giudiziari sarà uno degli elementi che definiranno noi italiani nel contesto europeo e il governo di fronte a noi italiani
la definizione efficace è di Fabrizio Curcio, capo della Protezione civile e ottimista convinto che vinca «l’Italia migliore». Noi lo speriamo, anche se dai fascicoli della Procura di Rieti, sui mancati adeguamenti antisismici pregressi, è la prima ad emergere, non certo la seconda. Renzi arriva inoltre logorato da tensioni enormi a questo snodo che davvero potrebbe pesare su di lui più del referendum istituzionale (provate a immaginare un «effetto Abruzzo» a ridosso di un voto politico...). Una ricostruzione per una volta senza scandali è l’ultimo treno per un Paese che «devolve» in tangenti 60 miliardi l’anno, che perciò viene ritratto dai partner europei con profili macchiettistici e che, come raccontava l’altro ieri il citatissimo Cantone, inquina con la corruzione anche il mondo accademico e il futuro dei suoi ragazzi. Davvero sotto gli occhi del mondo ci siamo noi, la nostra qualità di italiani. Perché non c’è Autorità anticorruzione che basti se la corruzione — tra falsi collaudi caserecci e fondi antisismici distratti dai privati cittadini — passa proprio nel nostro tinello.