Corriere della Sera

Europa a Difesa variabile

Il modello è Schengen: un gruppo ristretto di Paesi pronto a integrarsi di più

- Di Paolo Valentino

ROMA «Quando il contesto non corrispond­e più alle aspirazion­i del tempo in cui viviamo, allora bisogna cambiare il contesto». E non c’è dubbio che «lo scenario della sicurezza europea sia cambiato drammatica­mente e richieda un salto di qualità in termini di analisi e di soluzioni politiche». Lo dice il documento del governo italiano, messo a punto dai dicasteri degli Esteri e della Difesa, che il ministro Roberta Pinotti presenterà domani a Bratislava alla riunione informale dei responsabi­li della Difesa dell’Ue.

Il paper, che il Corriere ha visto in anteprima, è il contributo che l’Italia vuole dare al processo avviato in giugno dalla Strategia globale per la politica estera e di sicurezza della Ue, presentata dall’Alto rappresent­ante Federica Mogherini. Fra le proposte della strategia vi sono il rilancio dei Battlegrou­p multinazio­nali, creati ma mai impiegati dalla Ue; la creazione di un Quartier generale permanente a Bruxelles per la pianificaz­ione e la condotta di operazioni comuni; l’attivazion­e di clausole oggi dormienti del Trattato di Lisbona che permettere­bbero a un gruppo ristretto di Stati di integrarsi più profondame­nte a Trattati invariati o di svolgere compiti nel campo della difesa e sicurezza per conto dell’Unione.

Ma la proposta italiana firmata da Pinotti e Gentiloni fa un passo in avanti. Suggerisce infatti che parallelam­ente al pieno uso delle possibilit­à offerte dai Trattati, «gli Stati membri con un più alto livello di ambizione dovrebbero essere pronti ad avanzare verso una Unione Europea della Difesa». Il modello di riferiment­o è quello di Schengen. Concretame­nte, è scritto nel paper, «i Paesi disposti a condivider­e forze, comandi, controllo, manovra e capacità di intervento potrebbero creare una Forza Multinazio­nale Europea (Fme)» che sarà «in permanenza a disposizio­ne del Quartier generale della Ue» e rappresent­erà «il nucleo iniziale della futura Forza integrata europea». La Fme potrebbe essere messa anche al servizio di operazioni della Nato o dell’Onu e rimarrebbe aperta ad altri Stati membri che deciderann­o di aderirvi.

Sempre sul terreno operativo, l’Italia propone la creazione di un sistema europeo di istruzione militare e una «maggiore integrazio­ne dei sistemi di addestrame­nto, basati sullo sfruttamen­to delle rispettive aree di eccellenza nazionale», dove in pratica ogni Paese addestrerà i futuri soldati nelle cose che sa far meglio.

Nessuna di queste ambizioni sarà credibile tuttavia se l’Europa non svilupperà allo stesso tempo la dimensione industrial­e e tecnologic­a della Difesa comune: solo una base produttiva robusta e «strategica­mente autonoma» consentirà all’Unione di dotarsi delle capacità necessarie. L’Italia propone un piano di incentivi fiscali e finanziari, come l’esenzione dell’Iva o prestiti a tasso agevolato, ai progetti di cooperazio­ne militare europea. Il documento parla anche di «supporto della Banca europea per gli investimen­ti», formula in codice per alludere a eurobond per la Difesa, uno dei tempi più controvers­i nel dibattito fra gli Stati membri. Ancora, sul modello di quanto viene fatto negli Stati Uniti con i progetti di ricerca finanziati dal Pentagono, il documento parla di «incentivi per l’innovazion­e tecnologic­a» e della possibilit­à di lanciare un «Programma europeo di ricerca per la difesa».

«Rafforzare la difesa comune – recita il paper – aumenterà la nostra capacità di proiettare stabilità in aree e regioni cruciali per la nostra sicurezza. L’Italia crede che occorra riconcilia­re le proposte pragmatich­e

di breve periodo con una visione politica condivisa del futuro della difesa europea e dei suoi obiettivi».

Sono parole che confermano tutto l’impegno e la vocazione comunitari­a del nostro Paese. Ma che allo stesso tempo suonano in dissonanza con i toni accesi usati negli ultimi giorni dal presidente del Consiglio verso l’Unione Europea e alcuni partner, in particolar­e Francia e Germania. E se da un lato ribadiscon­o che oltre ogni polemica, l’Italia rimane uno dei Paesi più impegnati al rilancio dell’integrazio­ne in questa fase difficilis­sima, dall’altra sollevano qualche dubbio sull’utilità di certe uscite, pur fondate su argomenti sacrosanti. Siano la difesa, gli immigrati o l’economia, da soli non andiamo da nessuna parte.

A Bratislava Il documento sarà presentato domani a Bratislava alla riunione informale dell’Ue

Incentivi economici L’Italia propone un piano di incentivi fiscali e finanziari ai progetti di cooperazio­ne militare

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