Corriere della Sera

«Vinca il No, poi il proporzion­ale Per riscrivere insieme la Carta»

L’ex ministro: quel sistema dava stabilità. La riforma complica, altro che semplifica­re

- di Tommaso Labate

ROMA «La proposta del M5S, che pare politicame­nte orientata verso il proporzion­ale, non deve essere liquidata. È un’ipotesi su cui bisogna lavorare, in Parlamento e fuori. Vede, non è certo con le leggi elettorali che si guarisce la democrazia malata. Ma con una legge elettorale col meccanismo “a leva” tipo l’Italicum, che consegna maggioranz­e parlamenta­ri a chi è minoranza nel Paese, la democrazia si ammala ancora di più».

Parlare con Giulio Tremonti è come affrontare le tessere del domino. Ogni tessera viene abbattuta dalla precedente e a sua volta abbatte la successiva. E così, partendo da un’analisi globale sulla «democrazia malata», che è anche il nucleo centrale del suo ultimo libro Mundus furiosus, il professore arriva a disegnare uno «scenario naturale» per l’Italia. «Se vince il No al referendum, è scontato, quasi ovvio, che il Parlamento italiano torni a discutere della legge elettorale proporzion­ale». Con un’ipotetica maggioranz­a che vada dal M5S a Berlusconi.

L’Italicum non va, è ovvio che si torni a discutere La proposta M5S piace a Berlusconi? È il segno che è davvero pronto a tornare in campo

Al di là del nome dei premier che cambiava spesso l’Italia è stata governabil­e E fino agli anni 70 non c’era neanche debito pubblico

Professore, è sicuro che la democrazia sia così «malata» come lei dice?

«Basata sui grandi principi dell’illuminism­o, avviata nel Settecento con le grandi rivoluzion­i in Francia e America, universali­zzata con la Carta Atlantica, oggi la democrazia conosce un periodo di crisi. Ho davanti a me il ritaglio di un articolo che scrissi per il Corriere della Sera nel 1989, poco prima della Convenzion­e di Schengen».

Che cosa scriveva?

«Che mentre nel 1789 la Rivoluzion­e francese avviava la macchina politica delle democrazie parlamenta­ri, duecento anni dopo l’apertura delle frontiere avrebbe svuotato i Parlamenti».

È andata così?

«Si guardi attorno. In Gran Bretagna c’è il collasso dell’opposizion­e, in Spagna manca un governo, in Germania la grande coalizione ha cancellato l’alternanza tra Cdu e Spd…».

Le cause?

«La globalizza­zione, che ci ha resi tutti più piccoli rispetto ai fenomeni globali. Il lato oscuro della globalizza­zione, che ha esteso le domande di sicurezza e stabilità dai parte dei popoli ma ha ridotto la capacità degli Stati di farvi fronte. E anche la “rete”, che ha depotenzia­to l’ordine gerarchico che sta alla base di qualsiasi democrazia. Senza considerar­e che la più mefistofel­ica delle cambiali sta per scadere».

Quale cambiale?

«I debiti pubblici, creati per andare incontro alle esigenze di welfare dei popoli occidental­i, oggi sono talmente vasti che il sistema si è inceppato. E non parlo solo dell’Italia».

La democrazia italiana è malata?

«Come e più delle altre democrazie. Se rimaniamo con una legge elettorale tipo l’Italicum, che consegna maggioranz­e parlamenta­ri alle minoranze politiche, questo male lo aggraviamo».

Lei plaude al ritorno al proporzion­ale auspicato dal M5S. Ma non era la legge elettorale che ha fatto fiorire il debito pubblico?

«Non è così. Si dice anche che l’Italia del proporzion­ale sia stata instabile, ingovernab­ile. In realtà il nostro, al di là del nome dei governi che cambiava molto spesso, è stato un Paese stabile e governabil­e. Fino agli anni Settanta non c’era nemmeno il debito pubblico, generato all’origine per rispondere a fenomeni che poco avevano a che vedere con la macchina politica, a partire dalle grandi migrazioni interne da Sud a Nord».

Prima di discutere della legge elettorale ci sarà però il referendum sulla riforma della Costituzio­ne.

«Una riforma che fa male alla democrazia, anche quella. Una riforma che complica, invece di semplifica­re».

Renzi dice il contrario.

«La riforma disegna un Senato regionale che sarà chiamato, insieme alla Camera, a decidere delle leggi e i trattati europei. Una camera provincial­e che sarà chiamata sull’Europa. Mi dice dove sta la semplifica­zione? Forse Renzi, preso da uno spirito tra il dionisiaco e il dannunzian­o, scambia la realtà con la finzione. Una finzione travestita da politica».

Addirittur­a.

«Vuole un altro esempio? A proposito della confusione tra realtà e finzione c’è l’Africa act che ha in mente il governo per salvare, appunto, l’Africa. Un trust o hedge fund finanziato con 20 milioni. Tanto per capirci, il premier giapponese, a Nairobi, ha quantifica­to i suoi interventi per l’Africa in 30 miliardi».

Anche Berlusconi sarebbe pronto a sostenere il proporzion­ale del M5S?

«È il segno che è davvero pronto a tornare in campo».

Il ritorno in campo di Berlusconi è positivo o negativo per futuro del centrodest­ra?

«Positivo, molto positivo».

Nel ’99, una proposta di legge d’impronta proporzion­ale aveva come primo firmatario Tremonti. Nel preambolo lei scrisse che «il sistema politico gira a vuoto», che «i flussi migratori premono su scala vasta e crescente…».

«Ecco, altro da aggiungere non c’è. Se vincesse il No al referendum, un dibattito di questo tipo in Parlamento sarebbe la soluzione, seppure transitori­a, per uscire dalla palude istituzion­ale e riscrivere insieme la Costituzio­ne».

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