Le ipotesi Esclusa l’ipotesi di una tubatura rotta L’amministratore: niente ristrutturazioni
siamo scesi per le scale, battendo sulle porte dei vicini, gridando a tutti di scappare, di lasciare i pacchi già pronti in vista dello sgombero». Tutti salvi, tutti al sicuro alle 2.55 quando metà palazzo si è sbriciolato, davanti alla parrocchia di Gran Madre di Dio e al commissariato di polizia, simboli di Ponte Milvio. E a 200 persone sconvolte e infreddolite: il fuggi-fuggi aveva coinvolto anche chi abita nei tre stabili accanto a quello venuto giù. Resteranno fuori casa per giorni, una ventina di famiglie ha ottenuto assistenza alloggiativa dal Comune. Il pm Carlo Lasperanza ha invece disposto il sequestro di quello che rimane dell’edificio costruito nel ‘53, ex case popolari. Il magistrato ha ascoltato l’amministratore del palazzo, Riccardo Chiarinelli, con altre cinque persone, fra le quali l’ingegnere dei Vigili del fuoco che ha disposto lo sgombero solo di sei appartamenti «fino al ripristino delle condizioni di sicurezza» (è scritto sul fonogramma indirizzato a Comune, Regione e polizia) e l’inquilino che ha dato l’allarme. Il sospetto di chi indaga è che a provocare il crollo siano stati lavori nel sottosuolo — su un’ex palude, a ridosso del Tevere, a meno di 2 chilometri dal palazzo semicrollato a gennaio sul lungotevere Flaminio — che potrebbero aver minato