Il battesimo di Alessia scampata al sisma
Il vescovo: è simbolo della speranza. Polemica per la casa donata agli sfollati. Il Comune: è abusiva
DALLA NOSTRA INVIATA
Le guanciotte sorridenti di una bimba e lo sguardo vispo di un anziano contadino pronto alla disobbedienza civile. La prima ricorrenza del terremoto, a un mese dalla scossa, ha mostrato un’Amatrice diversa che smette di piangere e prova a reagire.
Alessia, nove mesi, è ormai il simbolo della speranza. La messa di commemorazione delle vittime del sisma (che ora sono 298 perché in ospedale è morto Renato Marsicola, 94 anni) ha cambiato umore con lei. I genitori, Claudia e Gaetano Galli, entrambi di Amatrice l’hanno battezzata ieri di fronte a una folla devastata dal dolore. Lo ha detto il vescovo di Rieti, monsignor Domenico Pompili: «Alessia fa spostare in avanti le lancette ferme alle 3.36», l’ora della scossa. C’era anche lei quella notte, in una palazzina di piazza Sagnotti, uno dei luoghi che ha registrato il maggior numero di vittime ad Amatrice. «Siamo vivi per miracolo», dice Claudia, con gli occhi lucidi, mentre la piccola dispensa smorfie e sorrisi. Un conforto per i presenti. «Ci fa piacere, anche se non ci avevamo pensato. Mentre la casa tremava abbiamo realizzato che non l’avevamo ancora battezzata e lei poteva morire quella notte. Così abbiamo voluto rimediare il prima possibile», spiega Gaetano. «Alessia è il simbolo della nostra speranza» dice il vescovo invitando a essere «piangenti ma non piagnoni». E a trovare la forza di rispondere positivamente alla domanda che anche ieri serpeggiava sui volti rigati dalle lacrime: «Ce la faremo? Mi sono chiesto spesso che cosa ci direbbero quelli che non sono più tra noi. Ho percepito un grido che sale dalle vittime: non siate superficiali! Non commettete l’errore di riprendere tutto come se nulla fosse accaduto!» ha aggiunto. E di fronte al capo della Protezione Civile, Fabrizio Curcio, al commissario Vasco Errani e al sottosegretario, Claudio De Vincenti, ha concluso: «Siamo nelle mani di chi dovrà tradurre l’impegno a rinascere come e meglio di prima, ma anche nelle nostre mani».
C’e’ chi non chiede altro che far da sé. Nella complessa organizzazione dell’emergenza però non è sempre possibile. Lo ha scoperto ieri Antonio Guerrini, 71 anni. Una onlus gli ha donato una casetta con le ruote. Ma l’ufficio tecnico del Comune gli ha intimato di toglierla. «La casa mia è crollata, la stalla pure e ho dovuto tirare fuori le vacche da me. Da un mese dormo dentro una tenda. Adesso che mi hanno regalato questa casetta calda me la vogliono rilevare. E vengono qui a dire che è un abuso edilizio e pure un reato penale. Ma che stupidaggine è?». Al municipio rispondono che «purtroppo non ci sono deroghe urbanistiche. E il Comune deve far rispettare la legge. Che si deve fare?». Ma Antonio non ne vuole sapere. «Io in hotel con tutte le bestie non ci posso andare. Che faccio, il circo in città? È un mese che parlano parlano ma non s’è’ visto niente. Io da qui non esco. Non mi ha ammazzato il terremoto, mi vogliono far morire di freddo?».