Il crac silenzioso di Eurofidi Indagini su 50 mila garanzie
Il consorzio per i prestiti alle pmi chiude con un debito di 100 milioni
Nell’atrio c’è ancora il manifesto formato gigante con la foto di un neonato attaccato al seno della mamma. «In un solo posto, tutto» recita la scritta. Ma nella sede di via Perugia non c’è più niente, o quasi. L’ingresso è pieno di scatole di cartone riempite con effetti personali che aspettano solo di essere portate via.
Eurofidi ha chiuso nel silenzio generale, anche da parte di istituzioni e banche. Il consorzio fidi più grande d’Italia, il terzo in Europa, la società che forniva garanzie presso gli istituti di credito per oltre 50 mila piccole e medie imprese, è stata liquidata senza che nessuno abbia alzato il dito per chiedersi come sia potuto accadere. I 250 dipendenti della sede centrale che da un giorno all’altro hanno perso il lavoro hanno manifestato venerdì scorso in piazza Castello per dare un segno alla città della propria esistenza. Un vigile solerte li ha invitati a fare in fretta perché stava per cominciare un evento collaterale del Salone del Gusto. Gli unici che appaiono interessati alla vicenda sono gli ufficiali della Guardia di finanza che per conto della procura hanno sequestrato la documentazione relativa ai bilanci degli ultimi quattro anni.
La fine era nota da tempo. Dalla scorsa primavera gli ispettori di Bankitalia alloggiavano in pianta stabile negli uffici della Eurofidi, che ha passato il suo ultimo anno di vita operando sotto vigilanza continua. Ma il bilancio del 2015 non era mai stato approvato e dopo le dimissioni del presidente Stefano Ambrosini nessuno se l’era sentita di prendere il suo posto, per il timore di essere travolto da un’imminente valanga con possibili ricadute penali. Il debito da cento milioni di euro maturato nei vent’anni di attività del consorzio non era più governabile. Ne ha preso atto anche il consiglio di amministrazione, composto da enti pubblici e azionisti privati,