Quando la burocrazia allontana i cittadini
La vicenda dell’alunno Matteo di Massa Carrara «rifiutato dal preside e riammesso con l’avvocato» (Corriere, 20 settembre) offre lo spunto a rilievi sia di ordine specifico e sia di carattere generale. Il primo rilievo riguarda la condotta del dirigente scolastico della scuola media Baracchini di Villafranca in Lunigiana che aveva negato l’iscrizione di Matteo perché la classe, composta da 23 studenti tra cui un ragazzo disabile, non poteva ospitare altri studenti salvo uno sdoppiamento che avrebbe comportato un onere per lo Stato non consentito dall’art. 5 del DPR 2009/81 e dalla Circolare ministeriale n.22/2015 paragrafo 8. Così decidendo il dirigente scolastico di Villafranca era incorso in due errori. Infatti l’art. 5 al comma 2 prevede testualmente che le classi iniziali della scuola media che accolgono alunni con disabilità sono costituite, «di norma», con non più di 20 alunni (mentre la scuola
già ne ospitava 23), due parole che, com’è noto, stanno a significare che il dettato legislativo non esprime un comando assoluto potendo, a seconda dei casi, essere motivatamente derogato. Avendo il dirigente già operato un’eccezione (23 alunni invece di 20) nulla ostava all’accoglimento di Matteo, anche in considerazione che, in mancanza, egli si sarebbe dovuto sobbarcare ogni giorno 2 ore di treno per raggiungere una nuova, lontanissima scuola. Inoltre, il Par. 8 della Circolare n. 22 consente l’opzione per una nuova scuola «più confacente alle attitudini e alle aspirazioni del minore» e vieta le nuove iscrizioni «solo» se il loro numero comporti l’attivazione di nuove classi, il che, nella specie, non si era verificato. Agli errori del dirigente scolastico ha posto sollecitamente rimedio il ministero della Pubblica istruzione, sicché Matteo è felicemente approdato presso i suoi compagni di classe, ma il punto non è questo. Il punto è che — secondo rilievo — di là di quegli errori, certamente commessi in buona fede, la vicenda di Massa Carrara è emblematica del «volto nemico» con cui la Pubblica amministrazione, non di rado, si rivela ai cittadini di
questo Paese. Si vuole con ciò affermare che, nell’applicazione delle leggi, taluni pubblici funzionari, dovendo scegliere tra una interpretazione in linea con i principi generali dell’ordinamento, innanzitutto con quelli della Costituzione, e con le reali basi logicogiuridiche dei provvedimenti amministrativi, rigettano le istanze adottando soluzioni difformi dalla lettera e dalla ratio ispiratrice della legge nonché dai criteri più elementari di ragionevolezza, un fenomeno negativo di cui i repertori annuali delle sentenze dei Tar e dei Tribunali ordinari sono la lampante dimostrazione. Non sappiamo se ciò derivi dai sedimenti di una ancestrale cultura autoritaria dura a morire, ovvero se si tratti di fuga dalle responsabilità da parte di particolari soggetti investiti di funzioni amministrative («Nel dubbio mi conviene rigettare l’istanza così mi metto a posto»). Ma cresce il numero di coloro che non si sentono né agevolati, né accompagnati (e né protetti contro gli abusi) nei loro rapporti con la Pubblica amministrazione, una «Matrigna» indifferente e lontana dai loro legittimi interessi.
Nicola Ferri, nicola-ferri@libero.it