Supercoppa un affare tra Milano e Avellino
Ci vogliono venti minuti di patemi e di trapanate di Cremona (11/15 all’intervallo nelle triple: Turner, 18 punti di botto — ma zero nella ripresa — avrebbe segnato perfino dal Duomo) per accendere lo showtime di Milano e condurre l’Olimpia alla finale della Supercoppa contro Avellino. La password — ma che novità: lo è da sempre, nel basket — è «difesa», la grande assente quando l’EA7 brancola tra esperimenti, fiammate e risposte agli schiaffoni che la Vanoli rifilava dall’arco. Se Simon (18) si conferma un faro, se Sanders (17) piace sempre di più nel ruolo di guastatore e se Hickman emerge nel finale, in realtà è il gruppo a risolvere: parziale di 14-0 tra epilogo del secondo quarto (chiuso sotto: 50-52) e avvio del terzo per ribaltare una sfida che i cremonesi avevano condotto anche di 6 (40-46). Dilatato lo scarto fino a +21 (88-67,93-72), è restato il tempo per altre prove di colore e per regalare, tra sporadici mugugni, applausi d’incoraggiamento ad Ale Gentile, capitano rimosso con una decisione che ha provocato il dissenso di patron Armani. Impressione dopo un 109-87 alla fine indiscutibile: la chiave di volta dell’annata dell’Armani, che ha due squadre senza che ancora si capisca qual è la più forte, sarà definire le gerarchie interne evitando che nascano fazioni. Gestire la sovrabbondanza può diventare, per paradosso, un problema. Crucci del domani, d’accordo. Oggi, più concretamente, c’è da affrontare già una finale — a proposito: quella della Supercoppa di A2 è stata vinta dalla Fortitudo Bologna —, per uno show che Avellino promette di innescare nel ruolo di una delle avversarie dirette di Milano nella stagione. Nel mazzo delle rivali c’era — e c’è ancora — Reggio Emilia, che però ieri si è smarrita dopo il +9 del 27’ per finire infilzata dalla prodezza di Joe Ragland: tripla vincente per il 74-72, staccando sopra due difensori. Sacripanti, c.t. del futuro se Messina deciderà di non restare, gli ha già affidato lo scettro del comando: «È nel pieno della maturità, deve affermarsi come giocatore totale». Incidentalmente, Ragland è anche un ex di Milano. Dove non aveva convinto. Un motivo in più perché l’EA7 stia in campana.