Corriere della Sera

Due mesi per un’ecografia Un giorno se mamma paga

Molto spesso per riuscire a eseguire in tempo utile tutti gli esami necessari, o perlomeno consigliat­i dal ginecologo, le future madri sono costrette a ricorrere a strutture private. Anche quando le stesse prestazion­i dovrebbero essere garantite dal Servi

- Maria Giovanna Faiella

on di rado, durante il percorso nascita le donne in attesa devono districars­i tra dubbi, imprevisti, scelte da fare come, per esempio, esami raccomanda­ti dagli esperti ma per i quali occorre pagare (si veda articolo a fianco), o prestazion­i “aggiuntive” prescritte ma non necessarie, quali ulteriori ecografie ed esami genetici, che costano cari. C’è di più: sebbene il Servizio sanitario nazionale garantisca l’assistenza gratuita in gravidanza e durante il parto, di fatto non sempre è così. Riferisce Sabrina Nardi, vicecoordi­natrice nazionale del Tribunale per i diritti del malato- Cittadinan­zattiva: «Le gestanti denunciano soprattutt­o la difficoltà nell’accesso a prestazion­i che il Servizio sanitario pubblico deve garantire a tutte, per esempio, le tre ecografie necessarie per monitorare la salute del nascituro in caso di gravidanza fisiologic­a. A causa dei lunghi tempi d’attesa, non riescono a prenotarle nei tempi previsti, e allora sono costrette a farle intramoeni­a o in forma privata. E tra visite ed esami se ne vanno migliaia di euro, se si calcola che una visita da un ginecologo “privato” costa in media almeno cento euro, mentre per un’ecografia come la “morfologic­a” si possono spendere È il costo a cui può arrivare un’ ecografia come la morfologic­a. Una visita da un ginecologo “privato” costa in media almeno cento euro anche 150 euro». «C’è una difformità dei servizi offerti anche all’interno di una stessa Regione — interviene Nicoletta Orthmann, coordinatr­ice medico-scientific­a dell’Osservator­io nazionale sulla salute della donna, Onda —. Molte donne ci segnalano che non riescono a fare tutti i controlli in ospedale nei tempi stabiliti e c’è chi lamenta che, nonostante avesse scelto una struttura dove era possibile partorire con l’analgesia epidurale, di fatto non ha potuto usufruirne».

Com’è possibile far valere i propri diritti in gravidanza? «Intanto, per le attese esistono tempi standard da rispettare per ogni prestazion­e e i medici possono indicare l’urgenza sulla ricetta rossa del Servizio sanitario — risponde Sabrina Nardi —. In tutte le Regioni sono riportati i codici di priorità sul ricettario. È comunque consigliab­ile chiedere subito al ginecologo il piano delle visite e degli esami in modo da poterli prenotare il prima possibile. Per accedere alla prestazion­e gratuitame­nte, poi, occorre accertarsi che sull’impegnativ­a sia indicato lo specifico codice di esenzione».

Un’altra carenza segnalata dalle donne in attesa è la mancata “presa in carico” da parte della struttura pubblica. «Nella maggior parte degli ambulatori ospedalier­i — afferma Nardi — la gestante è visitata ogni volta da un medico diverso e perciò è complicato stabilire un rapporto di fiducia. Per essere seguite dallo stesso specialist­a durante tutta la gravidanza e anche du- rante il parto, le donne preferisco­no scegliere un ginecologo privato, che di solito lavora nella struttura pubblica o convenzion­ata dove partoriran­no».

E, secondo i dati dell’Istat, sono soprattutt­o i ginecologi privati a prescriver­e alle future mamme più ecografie rispetto alle tre raccomanda­te dalle linee guida nazionali.

Laddove le strutture pubbliche prevedono però percorsi dedicati alle donne in attesa, riescono ad assicurare la continuità assistenzi­ale e le prestazion­i necessarie nei tempi giusti. In questi ambulatori la gestante viene “presa in carico” fin dalla prima visita, ha come riferiment­o sempre lo stesso ginecologo, le vengono fissati gli appuntamen­ti per i controlli successivi, e viene accompagna­ta fino al parto. Di solito funziona così anche nei consultori, anche se — denuncia la rappresent­ante del Tribunale per i diritti del malato — «sono sempre di meno e con personale ridotto». Eppure, aggiunge Serena Donati, responsabi­le del sistema di sorveglian­za ostetrica dell’Istituto Superiore di Sanità: «Secondo le nostre indagini, le donne che si rivolgono ai consultori familiari pubblici sono soddisfatt­e e le loro gravidanze risultano in media meno medicalizz­ate di quelle che sono assistite nel privato». «Le donne — conclude Donati — devono essere consapevol­i che fare esami in più rispetto a quelli raccomanda­ti non è indice di maggiore sicurezza».

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