Un quarto dei punti nascita é sotto la soglia di sicurezza
n Italia un punto nascita su quattro andrebbe chiuso o “messo in sicurezza”. Nel 2014, secondo i dati del Piano nazionale esiti 2015, redatto da Agenas-Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali per conto del Ministero della Salute, c’erano ancora 123 strutture ospedaliere (24% del totale) con meno di 500 parti l’anno, soglia minima di sicurezza per la mamma e il bambino secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Sotto questo tetto mancano le condizioni per un’assistenza adeguata in caso di emergenze impreviste. Lo dicono le evidenze scientifiche sull’associazione tra numero di parti ed esiti di salute materno-infantile. Nel nostro Paese, già nel 2010, un accordo tra Stato e Regioni prevedeva la chiusura delle maternità con meno di 500 parti. Parametri ripresi dal Regolamento del Ministero della Salute sugli standard dell’assistenza ospedaliera approvato l’anno scorso (n. 70/2015). «A differenza di quelli piccoli, i punti nascita con un elevato numero di parti l’anno sono in grado di affrontare emergenze o complicazioni — spiega Claudio Crescini, vicesegretario nazionale di Aogoi (Associazione ostetrici ginecologi ospedalieri) — . È una questione di sicurezza per la mamma e il bambino». e donne in gravidanza hanno diritto ad alcune prestazioni specialistiche e diagnostiche gratuite, purché siano eseguite in strutture pubbliche o convenzionate col Servizio sanitario nazionale. L’elenco degli esami offerti in esenzione dal ticket è contenuto nel Decreto ministeriale “Bindi”, che risale al 1998. Nel 2011 è stata aggiornata la Linea guida sulla Gravidanza fisiologica, realizzata, su mandato del Ministero della salute, dall’Istituto superiore di Sanità in collaborazione con esperti e Società scientifiche. A oggi, quindi, ci sono esami raccomandati dagli esperti ma non ancora offerti in regime di esenzione. A breve però non dovrebbe essere più così. Dopo 18 anni, infatti, il Decreto è stato aggiornato dal Ministero della Salute e inserito nei nuovi Livelli essenziali di assistenza, approvati il 7 settembre dalla Conferenza Stato-Regioni; ora il provvedimento è tornato in Parlamento e, dopo la pubblicazione in Gazzetta ufficiale, entrerà in vigore.
«Le novità rispettano quanto raccomandato nel 2011 dalla Linea guida» dice Serena Donati, responsabile del sistema di sorveglianza ostetrica dell’Istituto Superiore di Sanità.
«Bisognava adeguare l’offerta gratuita delle prestazioni alle nuove evidenze scientifiche — osserva Claudio Crescini, vicesegretario nazionale Aogoi (Associazione ostetrici ginecologi ospedalieri) —. I nuovi Lea recepiscono i suggerimenti degli esperti aggiornando la lista delle prestazioni in esenzione: se un esame viene raccomandato dalle Linee guida la gestante deve poterlo fare senza pagare. In tempi di crisi — sottolinea il ginecologo — ridurre i costi per l’assistenza al percorso nascita è molto importante». Quali saranno le nuove prestazioni escluse dalla compartecipazione al costo? «Innanzitutto è prevista una prima visita
Il numero di parti non è però l’unico criterio di sicurezza previsto dal Decreto. «Le strutture con reparto di ostetricia devono rispondere a vari requisiti, tra cui: avere una “guardia attiva” con ginecologo, anestesista, ostetrica e neonatologo per l’arco delle 24 ore — precisa Serena Donati dell’Istituto Superiore di Sanità — . Se le Regioni garantiscono i livelli di sicurezza, possono ottenere una deroga per mantenere attivi presidi che assistono meno di 500 parti l’anno, come avviene in zone di montagna dove in inverno i trasporti sono difficili».