I BERSAGLI SBAGLIATI DEL PREMIER
L’impatto dei flussi migratori sta disegnando l’Europa del futuro molto più delle vaghezze di Bratislava. Con quattro cruciali campagne elettorali di fatto già in corso in Italia, Olanda, Francia e Germania, e con Eurostat che conferma come la questione dei migranti sia al primo posto nelle preoccupazioni dei cittadini della Ue, prima del terrorismo, prima della disoccupazione, diventa inevitabile che i politici europei, governi in testa, rincorrano le paure dei loro elettori.
Ecco allora che si moltiplicano muri e reticolati o almeno severi controlli alle frontiere, ecco le caute inversioni di marcia dove prima veniva issata la bandiera dell’accoglienza, ecco il silenzio complice che accompagna il blocco di questo o quel confine nazionale. E soprattutto ecco riunioni scandalose come quella di sabato a Vienna, dove i «Paesi interessati» hanno dichiarato, nelle parole di Tusk, chiusa per sempre la rotta dei Balcani. Come se le rotte dei migranti non fossero interdipendenti, come se il problema non fosse di tutti a cominciare dall’Italia (ma da Roma non sono venute proteste o polemiche). Quello che appena un anno fa era un durissimo braccio di ferro tra Angela Merkel che apriva la Germania ai siriani, la Svezia che accoglieva, l’Italia e la Grecia che salvavano i migranti da morte certa, e dall’altra parte le fortezze della razza e della religione arroccate nell’Europa dell’Est, oggi è diventato un consenso strisciante a favore del «basta migranti».