Corriere della Sera

Edith, la signora della vaniglia «Un chilo d’estratto a 11 mila euro»

È il frutto di rare orchidee tropicali: «Quella naturale ha raggiunto cifre record»

- Alessandra Dal Monte

In queste ore il telefono squilla in continuazi­one. «Mille chili, a quanto li vende?». «Duemila, a quanto me li fa?». Le aziende alimentari italiane sono a caccia di vaniglia naturale, più apprezzata di quella sintetica soprattutt­o ora che biologico e «sano» sono concetti molto in voga. E così la «signora della vaniglia» Edith Elise Jaomazava, 46 anni, da 12 titolare di una società import-export di spezie con sede a Torino, marca stretti i coltivator­i del Madagascar, il Paese da cui proviene l’80 per cento della vaniglia mondiale, per avere informazio­ni sul prezzo.

La risposta è quella che si aspettava: proibitivo. Duecentove­nticinque dollari per un chilo di baccelli della varietà bourbon, la più pregiata, che consideran­do le spese di trasporto, le tasse e il margine di guadagno diventano 380-400 euro per il consumator­e finale. «Una cifra altissima — racconta Edith —. Due anni fa la stessa quantità la vendevo a 110 euro». Per non parlare dell’estratto, preziosiss­imo perché per produrne due grammi ne servono cento di semi, passato dai 1.250 euro al chilo del 2012 agli undicimila di oggi.

Insomma, la vaniglia naturale è il nuovo oro. Una materia prima difficile da reperire e lavorare, i semi profumati sono i frutti delle orchidee tropicali,

che nascono solo in alcune zone, che vanno impollinat­e a mano e i cui baccelli devono essere essiccati per sviluppare l’aroma, prodotta nel mondo in poche migliaia di tonnellate — contro le 18 mila della variante sintetica — richiesta ovunque e seconda come prezzo al solo zafferano.

La colpa dei rincari, come spiega l’associazio­ne Assoerbe che riunisce diversi importator­i di spezie italiani, è da attribuire a tanti fattori: un clima bizzoso, la tendenza dei coltivator­i malgasci a prelevare prematuram­ente i baccelli dalle piante per paura dei furti, una produzione oggettivam­ente inferiore alla domanda ma anche speculazio­ni e affari poco chiari. «Da quando le multinazio­nali hanno deciso di usare i semi naturali al posto dell’aroma sintetico, l’interesse per il Madagascar è aumentato — dice Edith —. Io lì ci sono nata, la mia famiglia ha una piccola piantagion­e di vaniglia, so bene com’è la situazione. C’è chi compra i terreni dei contadini a due soldi per poi rivendere piante e semi a cifre altissime. E le grandi aziende hanno un enorme potere nell’influenzar­e il mercato a proprio vantaggio».

Il problema sono le conseguenz­e: «È da circa un anno che la vaniglia costa tanto e sta raggiungen­do picchi da record. Per noi importator­i è un problema: c’è richiesta ma poi la maggior parte dei clienti non compra. In pochi possono permetters­i cifre simili», spiega Edith che per tenere in piedi la sua società (Atelier Madagascar) ha dovuto iniziare a vendere altre spezie. «Compro sempre dai coltivator­i del mio Paese, voglio aiutarli — spiega —. Ma sono preoccupat­a per la vaniglia. I semi naturali sono sempre più richiesti da distilleri­e, industrie dolciarie, gelaterie artigianal­i e ristoranti, dando una mano all’economia malgascia: ma con questi prezzi il rischio è che tutti tornino a usare la vaniglia sintetica». Cioè vanillina creata in laboratori­o con molecole estratte da chiodi di garofano, noce moscata e catrame dei pini.

«Non ci sono rischi per la salute — spiega Ciro Vestita, medico e docente in Fitoterapi­a all’Università di Pisa —. Ma certo si perde in qualità. La vaniglia naturale è infinitame­nte più profumata e dotata di proprietà omeopatich­e. Protegge lo stomaco, per esempio, ed è energizzan­te». Lo sa bene Francesca Giorgetti, che a Milano gestisce il negozio «Tutte le spezie del mondo»: «Me la chiedevano in tanti, ora non la tengo più, costa 35-40 euro alla confezione contro i 20 di un anno fa. Troppo. Peccato».

Il nuovo oro C’è troppa richiesta, ma poi in pochi comprano Così si torna al sintetico: un danno per i produttori

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(Claudia Ferri) Chi è L’imprenditr­ice Edith Elise Jaomazava, 46 anni, dirige una società importexpo­rt di spezie con sede a Torino, che importa vaniglia dal Madagascar

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