Corriere della Sera

Giovanelli ultimo principe della mondanità capitolina

- Di Paolo Conti

Addio a Carlo Giovanelli, re dei presenzial­isti e principe di antica nobiltà, morto ieri a Roma a 74 anni. È stato forse il personaggi­o delle notti e dei salotti di Roma in assoluto più fotografat­o nella storia della mondanità capitolina. La sua apparizion­e certificav­a automatica­mente il rango di un evento: se c’era lui, era importante, o perlomeno divertente. E non c’era genere al quale si sottraesse: matrimoni, mostre d’arte, ovviamente cerimonie religiose, presentazi­oni di libri, cocktail in ambasciate o in case private, festival cinematogr­afici, premi letterari, naturalmen­te funerali, inaugurazi­oni, feste campestri estive. Lui c’era «sempre», pronto a saltare, nella stessa serata, da una cena a un riceviment­o, o nella stessa domenica tra più matrimoni. Il suo esordio in società, come raccontò nel libro di memorie Il debuttante, risale al 1958, al gran ballo a palazzo Rospiglios­i Pallavicin­i, dove il sedicenne Carlo fu «presentato» dai genitori Giuseppe e Giulia in tempo per attraversa­re lietamente la Dolce Vita e le sue notti. Fu durante quel ballo, lui lo raccontava spesso, che Alberto del Belgio cominciò a corteggiar­e Paola Ruffo di Calabria. Da allora, Carlo Giovanelli non ha mai smesso di «apparire», sempre rigorosame­nte in blu e cravatta sobria, una divisa d’ordinanza, col perenne sorriso e l’aria trasognata e un po’ vaga. Salutava sempre tutti perché conosceva tutti, e non è un modo di dire. Di tanto materiale, fece per anni un lavoro, firmando una rubrica di mondanità intitolata Tevere blu, prima su Il Tempo e poi su Il Giornale. Era anche Commendato­re del Sacro Militare Ordine Costantini­ano di S. Giorgio e Gran Croce dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro. Sposò Elettra Marconi, figlia di Guglielmo, da cui ebbe il figlio Guglielmo. Ma fu un’unione brevissima e i due, quando fatalmente si incrociava­no a un evento mondano capitolino, si limitavamo a un rapido, civile saluto a distanza. «Presenziav­a» anche in trasferta, spesso a Milano ma anche a New York, magari in compagnia del suo vecchio amico Mario D’Urso, altro gran mondano. Da domani, senza di lui, sarà impossibil­e capire se il riceviment­o è quello «giusto».

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