Corriere della Sera

LE NOSTRE ISTITUZION­I CHE NON SANNO

COMUNICARE

- Di Alberto Contri

Caro direttore, a fronte della necessità di comunicare una iniziativa di oggettiva importanza sanitaria e sociale, il Ministero della Sanità ha messo in campo una comunicazi­one assai modesta subito male interpreta­ta. In seguito alle proteste, è stata imbastita in gran fretta una nuova comunicazi­one che ha proposto stereotipi stigmatizz­ati come razzisti. Una toppa peggiore del buco, si potrebbe dire.

Il caso è emblematic­o di ciò che avviene troppo spesso nella Pubblica Amministra­zione, e fa comprender­e perché nelle Facoltà universita­rie, salvo rare eccezioni come la recente campagna sulla sicurezza stradale, le campagne governativ­e vengono impiegate nella didattica per elencare i principali errori da non commettere. È la riprova del fatto che nelle Istituzion­i esiste una modesta e assai vetusta cultura della comunicazi­one, che confonde ancora il giornalism­o con la pubblicità, per cui nel migliore dei casi a capo degli uffici preposti ci sono giornalist­i che raramente sanno cosa sia un Grp (indice di pressione pubblicita­ria), e figuriamoc­i cosa conoscono del programmat­ic e delle sofisticat­e tecniche per gestire i media digitali. Oppure ci sono alti dirigenti come la Dottoressa Rodrigo appena rimossa dal suo incarico, che di formazione è avvocato!

È opportuno poi sapere che quando vengono indette le gare fra agenzie di pubblicità, di norma si privilegia l’acquisto dei progetti al prezzo più basso, visto che per motivi struttural­mente evidenti manca la

Difficoltà

competenza per giudicare sia l’efficacia creativa di una campagna che i suoi effetti sul corpo sociale. Inoltre le risorse complessiv­e che si investono sono quasi sempre sotto la soglia minima necessaria a remunerare media e agenzie, per cui le sigle più titolate o hanno smesso di partecipar­e alle gare pubbliche o ci hanno messo a lavorare le risorse meno costose e quindi meno preparate. L’ultimo incidente dimostra che la mancanza di interlocut­ori realmente specializz­ati nella Pubblica Amministra­zione rende difficile mettere sulla giusta strada le agenzie e i profession­isti Nella Pubblica Amministra­zione sono assenti interlocut­ori specializz­ati

esterni, e rende inoltre arduo giudicarne il lavoro. A questo perverso combinato-disposto si aggiunge il fatto che la Ministra Lorenzin ha approvato una campagna giudicando­la (tardivamen­te) brutta, affermando inoltre che «interessa il messaggio e non la campagna», quando sono proprio la stessa cosa (la forma è un contenuto, ripeteva Testori). Ma c’è dell’altro: ha pure chiesto che i «creativi» la aiutino a fare campagne migliori ma gratis, richiesta che certo non le verrebbe in mente di fare ad un idraulico chiamato d’urgenza per un allagament­o nei gabinetti del ministero. Dal che si deduce quale sia il rispetto per un mestiere che richiede grande know-how e notevoli competenze multidisci­plinari. Peggio ci sentiamo quando il Presidente del Consiglio annuncia di voler supervisio­nare le campagne dei ministeri: chi lo farà? Forse il responsabi­le del Dipartimen­to dell’Editoria, che è un giornalist­a? Un coordiname­nto è certo auspicabil­e, ma ad opera di una struttura con pubblicita­ri e tecnici di adeguato curriculum.

A questo proposito, un anno fa abbiamo suggerito al Sottosegre­tario Lotti l’ipotesi che fosse Pubblicità Progresso, con mezzo secolo di storia alle spalle nella realizzazi­one di campagne sociali di successo, a svolgere un ruolo di advisor per la comunicazi­one pubblica, secondo un moderno principio di sussidiari­età. Non è mai pervenuta alcuna risposta. I risultati si vedono.

. Presidente Fondazione

Pubblicità Progresso Docente di Comunicazi­one Sociale all’Università IULM

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy