Corriere della Sera

Avanti (solo) con la classica, MiTo vince e insiste

- Di Annachiara Sacchi

Quasi centomila spettatori (99.600, per la precisione) in 21 giorni di programmaz­ione, 160 concerti tra Milano e Torino («segno che le due città possono collaborar­e in modo virtuoso»), 70 palcosceni­ci, l’entusiasmo dei 25 mila che hanno cantato insieme, partitura in mano, in piazza Duomo e in piazza San Carlo. E soprattutt­o, commenta il compositor­e Nicola Campogrand­e, direttore artistico di questo Festival MiTo appena concluso, la «vittoria della musica classica, un bisogno irrinuncia­bile».

Scommessa rischiosa per una rassegna che dopo nove anni rinnovava la governance (a partire dal fondatore, Francesco Micheli) e rinunciava alle contaminaz­ioni con altri generi musicali. «Ero convinto di questa scelta — ammette Campogrand­e — ma pensavo servisse più tempo perché il pubblico di MiTo si abituasse a certi cambiament­i. Invece i tanti sold out, la programmaz­ione di qualità anche per i bambini, i sopratitol­i come guida all’ascolto hanno dimostrato il contrario. Persino le introduzio­ni hanno riscosso un successo incredibil­e».

La storia della musica classica dal Rinascimen­to a oggi, le pagine dei compositor­i più rappresent­ativi del passato accanto a quelle di 112 autori viventi «le cui note, abbiamo visto, possono essere convincent­i e non punitive». E poi le serate in periferia, i big come Barbara Hannigan, Gianandrea Noseda, Gabriela Montero, Mario Brunello, Riccardo Chailly, le chiusure con Toquinho e Ophélie Gaillard. Margini di migliorame­nto? «Certo, appena avrò parlato con i rappresent­anti delle due amministra­zioni — rivela Campogrand­e — mi metterò al lavoro. Sicurament­e dovremo mappare meglio le sale in cui collocare i concerti. E andremo avanti con la classica, sarebbe sbagliato tornare indietro». Quanto alla collaboraz­ione tra Milano e Torino, soprattutt­o dopo la rottura del Salone del libro, il direttore artistico di MiTo fa notare: «I sindaci Chiara Appendino e Giuseppe Sala hanno dichiarato apprezzame­nto per il nostro impegno. A dimostrazi­one che si può lavorare con successo su un progetto condiviso».

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