La difesa di Wiggins: «Niente doping, era per l’asma» Il campione inglese sulle iniezioni di triamcinolone prima del Tour 2012: «Consentite dalla federazione»
Cuori in pace, bandiere ripiegate, da oggi Valentino passa al piano B: battere Lorenzo nella corsa per l’onore e per il secondo posto in campionato. Il primo — nonostante il campione si affidi ancora all’aritmetica come gli allenatori di calcio che hanno perso ogni speranza — è svanito in un triste pomeriggio in Aragona quando Marc Marquez si è preso la vittoria e Rossi non è andato oltre il terzo posto, infilato pure da Lorenzo una volta tanto senza appendici polemiche. Il podio della restaurazione dopo un’estate di acquazzoni, rampanti e Carneadi porta così il vantaggio del gatto di Cervera a più 52 su Vale e
Il giornalismo inglese non consente silenzi e omissioni nemmeno agli eroi dello sport. E così ieri, dopo il segretario di Stato Boris Johnson, è toccato a sir Bradley Wiggins essere interrogato dal giornalista Andrew Marr nel suo celebre show domenicale. A Wiggo, 8 medaglie olimpiche, 15 mondiali, è stato chiesto di spiegare perché si sia fatto iniettare del triamcinolone, potentissimo cortisonico, prima del trionfale Tour 2012. Perché quel prodotto che si usa in patologie gravi, perché in abbinamento con una già pesante cura inalatoria e perché senza citarlo nelle sue tre Ancora 4 gare, lo spagnolo verso il 3° trionfo iridato: 52 punti su Valentino, 66 su Jorge dal semaforo e, invece, scattato sì in testa dalla pole, il ragazzo ha corso un rischio al terzo giro che poteva costargli la gara. A un tratto l’anteriore se ne è andato per conto suo, MM è riuscito a convincerlo a restare spingendosi da acrobata con il gomito sull’asfalto e da lì, precipitato al quinto posto, si è riorganizzato per la rimonta. Nel frattempo Valentino apparecchiava uno show niente male e da quarto prendeva la testa saltando prima Lorenzo e poi Vinales, alla fine quarto. Il Dottore era ultratonico e pure Lorenzo sembrava staccato per sempre: lì Vale ci ha creduto. «Li vedevo in difficoltà e ho pensato: stai a vedere che...».
Stai a vedere niente invece. Oro Bradley Wiggins, oro nell’inseguimento a Rio (Getty)
Che vantaggio
dettagliate autobiografie. Wiggo ha replicato combattivo: «So che è una sostanza potente e che in passato i ciclisti ne abusavano per migliorare la prestazione. Ma la mia asma era grave e il triamcinolone, autorizzato dalla federazione, mi ha permesso solo di recuperare lo svantaggio».
Un mantra ripetuto da molti dei 107 atleti «smascherati» finora dagli hacker russi di Fancy Bear che hanno saccheggiato gli archivi dell’Agenzia Mondiale Antidoping (Wada) rivelando una gestione allegra delle autorizzazioni all’uso di prodotti dopanti (Tue) a scopo terapeutico. Capire quante siastica no le Tue in corso è impossibile: le federazioni si fanno scudo con la privacy e la verità esce a rate. Un’indagine indipendente ha scoperto, ad esempio, che sono stati 368 i professionisti del ciclismo che hanno richiesto almeno un Tue negli ultimi 6 anni, il 30% di quelli in attività. Il 19 per cento degli atleti danesi di élite in 40 discipline diverse ha un Tue e un altro 7% se l’è visto rifiutare. La Major League del baseball Usa ha autorizzato 112 giocatori ad assumere anfetamine per curare lo stesso deficit di attenzione (Adhd) che permette di «doparsi legalmente» alla star della ginna- Simone Biles. Il prossimo ottobre Comitato olimpico e Wada proveranno a riscrivere la normativa sulle autorizzazioni terapeutiche: uno sport «ospedalizzato» non fa bene a nessuno. A margine della polemica il Sunday Times rivela che il Team Sky, nel 2015, avrebbe rivelato all’agenzia antidoping britannica che i kazaki di Astana venivano informati in anticipo dell’arrivo dei controlli a sorpresa nel comune ritiro di allenamento delle Canarie. Un modo (a scoppio ritardato) per spostare l’attenzione dai guai nazionali?